Economia

Giorgetti difende il Def e il patto, 'è un passo avanti'

Il ministro: 'Non sono stanco. La crescita non è fatta di sussidi'

Giancarlo Giorgetti

Redazione Ansa

Un patto di stabilità che è un inevitabile compromesso ma "è sicuramente un passo avanti". Un Def che indica solo il quadro tendenziale, ma che è realistico e che di fondo conferma le linee guida del governo a favore del lavoro, dei redditi bassi e della natalità. Il giorno dopo la votazione del Parlamento Ue sulle nuove regole di governance europea che ha visto la maggioranza astenersi in blocco, Giancarlo Giorgetti ci mette la faccia.

Il voto ora è sul Def e il ministro dell'Economia presenzia alla Camera dall'inizio alla fine per difendere le sue scelte. Senza imbarazzi, senza passi indietro, anzi. Di fronte alle indiscrezioni che lo descrivono 'stanco', quasi desideroso di una ipotetica sfiducia da parte dei suoi, Giorgetti replica senza esitazioni, con il linguaggio diretto, fondamentalmente leghista, che lo contraddistingue. "Vi sembro stanco? Ho fatto 74 vasche, sono una bestia".

In Aula già dall'avvio dei lavori, chiusi con l'approvazione della risoluzione di maggioranza che sprona il governo a presentare presto il quadro programmatico, il ministro ascolta tutti gli interventi e poi replica a braccio, rivendicando quanto fatto in Italia e in Europa. Torna innanzitutto sul Superbonus, il mostro che ha sfasciato i conti pubblici, la piovra che ha inghiottito le risorse che altrimenti sarebbero servite a finanziare sanità, scuola e cultura. L'agevolazione "abnorme" che secondo Fitch farà schizzare il debito sopra il 142%, ben oltre i livelli indicati nel Def.

Poi indica le linee guida del quadro programmatico, quello che nel Def manca ma che entro l'estate tradurrà in numeri le priorità del governo: il lavoro, la natalità (con l'intenzione di rinnovare i sostegni alle mamme lavoratrici) e i redditi bassi. Giorgetti detta la sua ricetta per la crescita, basata non su un modello 'Lsd' - lassismo, debito e sussidi - ma su sacrificio, investimento e lavoro. E poi parla anche del patto. La proposta italiana puntava proprio sugli investimenti, ma non è quella che è passata in Europa. Tuttavia "bisogna vedere ciò che si è ottenuto, un passo in avanti - assicura il titolare dell'Economia - rispetto alle regole che sarebbero andate in vigore a partire dall'anno prossimo".

L'impresa di riportare i conti in ordine, anche nell'arco temporale più lungo di sette anni che l'Italia punta di ottenere nella negoziazione con Bruxelles, non sarà semplice: per rispettare le regole l'Upb calcola un aggiustamento tra lo 0,5% e lo 0,6% del Pil l'anno, pari a circa 10-12 miliardi di euro. Ma a queste cifre dovranno aggiungersi le coperture per le politiche di bilancio, dalla conferma del taglio del cuneo già indicata come priorità (che pesa per altri 10 miliardi) agli interventi sull'Irpef.

Le risorse però scarseggiano e ne è prova anche l'ultimo tira e molla sul bonus tredicesima. Inserito in una versione, smentita, nella prima bozza del decreto su Irpef e Ires, rivisto con precisi paletti in una seconda bozza, è slittato con tutto il provvedimento che lo contiene a data da destinarsi.

Indicativamente alla prossima settimana, ma oggi il viceministro delle Finanze, Maurizio Leo, si è mantenuto sul vago: "chi vivrà vedrà", ha detto, garantendo come unica "stella polare" dell'azione del governo la tenuta dei conti. Insomma, finché non si troveranno coperture certe sarà difficile approvare nuove misure di spesa. 

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