Economia

Clima: per giovani italiani prima preoccupazione, poi lavoro

Sondaggio Deloitte, nel Paese maggiore scetticismo su rimedi

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 11 AGO - La protezione del pianeta e il contrasto dei cambiamenti climatici sono la prima preoccupazione per i ragazzi della Genz italiana (nati tra il 1995 e il 2003) e la seconda, dopo la disoccupazione, per i Millennial (nati tra il 1983 e il 1994). E' quanto emerge dall'edizione 2021 della Millennial Survey di Deloitte, un sondaggio condotto su oltre 23.000 intervistati in tutto il mondo (800 in Italia) su temi chiave come il lavoro, la società e visione del mondo in generale.
    Secondo la ricerca, la preoccupazione per i cambiamenti climatici è al primo posto anche a livello globale tra i ragazzi della GenZ, mentre tra tutti i Millennial intervistati viene prima quella per la situazione sanitaria e il timore della disoccupazione.
    I ragazzi italiani - sia GenZ, sia Millennial - sono più sensibili della media globale sul tema ambientale, ma anche più scettici sulla probabilità che le persone, dopo la pandemia, si impegneranno ad agire sulle questioni ambientali. A crederci, infatti, è solo il 23% dei Millennial italiani contro il 37% dei nel mondo e il 31% della GenZ italiana contro il 40% nel mondo.
    Inoltre, il 49% dei Millennial e il 48% della GenZ del nostro Paese pensa che abbiamo già raggiunto il punto di non ritorno.
    «Come dimostra il report dell'Ipcc i ragazzi esprimono una preoccupazione legittima e fondata", commenta Fabio Pompei, amministratore delegato di Deloitte Italia. Per questo anche le istituzioni e le imprese devono iniziare ad affrontare il cambiamento climatico come una minaccia serie e imminente. In particolare, per le imprese italiane non solo ci sarà bisogno di una conversione di prodotti e servizi nel segno della sostenibilità, ma sarà anche vitale riuscire a includere nelle proprie strategie di lungo periodo i rischi legati al cambiamento climatico. Non farlo potrebbe avere costi elevatissimi, e quasi certamente superiori a quelli che stiamo pagando per la pandemia da Covid-19». (ANSA).
   

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