Cultura

Dario Ferrari, la ricreazione è finita

bel romanzo tra oggi e anni '70, tra università e terrorismo

Redazione Ansa

 DARIO FERRARI, ''LA RICREAZIONE E' FINITA'' (SELLERIO, pp. 470 - 16,00 euro). Un bel romanzo per scrittura e costruzione che riesce a procedere su due piani temporali che si riverberano uno nell'altro illustrando una realtà esistenziale fatta di illusioni, di velleità e assieme di resistenza e voglia di capire in un mondo, un ambiente che si rivela ostile per natura, quello accademico in cui i cattedratici operano ''sentendosi delle rockstar'' e che riserva sorprese, colpi di scena inaspettati.
    Marcello Gori è un ragazzo di provincia, viareggino, che cera di sfuggire al suo destino di gestore del bar di famiglia laureandosi in lettere e tentando concorsi di dottorato, compreso quello presso la sua università di Pisa, che per una serie di circostanze assolutamente impreviste lo vede entrare nella terna dei vincitori con lo sconcerto del Prof Sacrosanti (e il nome non è casuale) e la sorpresa di suoi colleghi di lungo servizio in attesa di sistemazione, che gli danno consigli su tutto, compreso le regole per scrivere un saggio accademico.
    C'è così la descrizione dell'ambiente provinciale, attraverso il retroterra famigliare e Letizia, fidanzata di Marcello che vorrebbe si sistemasse presto, come il mondo accademico reso con fine realismo e ironia nei discorsi con gli amici d'università, tra cui spicca Pier Paolo, amato allievo di Sacrosanti. Tutto fino a quando, quasi per sfidarlo in una prova particolare, il professore, che lui definisce ''il Murinho della letteratura italiana'', gli assegna come argomento per la sua tesi vita e opere di quello che presenta come un oscuro scrittore anche lui di Viareggio, Tito Sella. Solo che quando Marcello cerca di capire chi sia, scopre sì che ha scritto di narrativa, ma che soprattutto e quasi solamente è ricordato come terrorista italiano degli anni '70 e, a Viareggio, per aver fatto saltare in aria un carro del carnevale del 1977.
    Ed è nel rapporto e la scoperta di questa figura che il racconto entra nell'altra dimensione, con Marcello che alla fine si convince a recarsi a Parigi per studiare le carte dell'archivio di Sella, studiandone i particolari che divide in ''Cose'', i fatti biografici, e ''Parole'' il suo lavoro di scrittura letteraria. E così, pian piano vi si perde e quella sua mitica e introvabile autobiografia di cui si parla, intitolata 'La fantasima', finisce per metterla insime e riscriverla lui, col suo sguardo provinciale e disincantato di giovane degli anni duemila. In un processo di identificazione vede persino il suo innamoramento parigino per Tea riflettersi nella storia d'amore di Sella per Emma: ''Prima avevo studiato i suoi romanzi, poi mi ero messo a riscrivere la sua vicenda: adesso era venuto il momento di provare ad essere lui''.
    Noi così leggiamo coinvolti e divertiti le vicende tragiche a paradossali talvolta sino alla comicità di un gruppo di ragazzi della Versilia legati negli anni '70 all'estrema sinistra che finiscono, più che per vera convinzione ideologica, come mezzo e scusa per non pensare e far finta di dare un senso ai propri problemi, per entrare in clandestinità e fondare la Brigata Ravachol, dal nome di un anarchico francese. Nel gruppo Tito è una figura chiave che partecipa e anche critica quando dal rifiuto dell'indifferenza e il rischio di diventare ''uno stolido parassita della storia'', si passa all'azione (per lui sarà ''il momento unico in cui l'uomo sa per sempre chi è'') e pian piano, di azione in azione, di discussione in discussione, progettando di rapire il giudice Altieri, si va verso un epilogo drammatico.
    Per Marcello poi ''la ricreazione è finita'' e la vicenda torna sui binari del suo presente, col ritorno a casa, dove lo aspettano una serie di decisioni e sorprese, compresa quella che illumina tutta la sua vicenda, facendone una complessa, articolata educazione sentimentale. (ANSA).
   

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