Cultura

Simona Nuvolari, Una lotta impari tra ossessioni e mistero

esordio con un romanzo che scava a fondo nelle nostre paure

Redazione Ansa

(di Elisabetta Stefanelli) (ANSA) - ROMA, 27 DIC - SIMONA NUVOLARI, UNA LOTTA IMPARI (Rizzoli, pag. 503, euro 20,00).
    Un romanzo, per raccontare una donna e le sue ossessioni, una lotta impari contro i pensieri che ci travolgono e che diventano più forte di qualunque dato reale, più veri del vero. Qui Marta è travolta dalla follia della pulizia e del disinfettare: una cosa in cui ci ha improvvisamente catapultato la pandemia, e di una epidemia parla alla fine anche il romanzo, quanto peso ha avuto questa esperienza per lei? ''Quando è scoppiata la pandemia - ci risponde Simona Nuvolari, che con questo romanzo segna il suo esordio nella narrativa - il romanzo era appena finito. Come autrice ho capito che quello che stava succedendo era una svolta nella vita della protagonista e non poteva mancare nel racconto. Da qui è nato l'epilogo del romanzo, appunto la cronaca dei primi mesi di Covid, come li vive Marta che da anni sopportava in solitudine l'ansia di pulire e disinfettare il suo spazietto vitale, e che quindi ha passato tutta la vita, in un certo senso ad allenarsi per un caso del genere, senza mai crederci veramente. L'arrivo del Covid cambia tutto. Nell'epilogo lei racconta i suoi stati d'animo nel vedere che improvvisamente tutti condividono i suoi scrupoli igienici.
    Non voglio anticipare questi stati d'animo, dico solo che per lei la sorpresa è grande, mai avrebbe pensato di trovarsi in un caso del genere, perché chi ha la compulsione di pulire, anche se non riesce a farne a meno, pensa che in realtà non sarebbe necessario e che hanno piuttosto ragione gli altri. Ora però si trova in una situazione in cui il pericolo è reale, e disinfettare è necessario, non è un comportamento nevrotico.
    Insomma quest'esperienza costituisce una svolta inattesa e apre addirittura a Marta una possibile via d'uscita - che però resta aperta, non sappiamo come andrà a finire - la possibilità per lei di riagganciarsi al comportamento comune e di uscire dalla sua "follìa" individuale insieme agli altri, quando ne usciranno tutti''.
    Lo sporco e il disordine sono due elementi che indubbiamente stanno travolgendo la nostra società e la lotta per il futuro è cercarne rimedio…il suo romanzo vuole essere una metafora politico-ecologica? ''Non è una metafora perché è la storia di una persona in carne ed ossa alle prese con persone vere e con la propria concreta e irripetibile esistenza. Ma proprio l'esperienza vissuta la porta a guardarsi intorno e a chiedersi qual è il rapporto con lo sporco della società in cui vive quasi clandestinamente, come se fosse lei sola un caso patologico in un mondo sano ed equilibrato. Allora si accorge di enormi malesseri e squilibri che costituiscono la cosiddetta normalità in cui viviamo immersi, dove ad esempio è ovvio rifilare ai paesi poveri rifiuti tossici e lavori sporchi''.
    Crede che la narrativa e di conseguenza gli scrittori abbiano un ruolo sociale? ''La narrativa e in genere la scrittura ha inevitabilmente un ruolo sociale, che l'autore lo voglia o no.
    Anche il testo più estetizzante, egotistico e meno impegnato porta con sé una visione del mondo, e la comunica tanto più efficacemente quanto lo scrittore riesce nel suo mestiere''.
    Neri, homeless, poveri sono il suo incubo: perché ha scelto una protagonista politicamente scorretta? ''Veramente l'incubo di Marta sono i suoi simili, i vicini più prossimi, le stesse persone più care, che quotidianamente portano scompiglio nella precaria sistemazione igienica che lei si affanna a ripristinare. E poi gli ospedali, i cimiteri, gli studi medici irreprensibili... Come tutte le persone del suo ceto non ha molte occasioni di contatto con i "brutti sporchi e cattivi", come li ha chiamati Ettore Scola in un bellissimo film, e quindi non se ne sente minacciata. Gli incontri di questo tipo sono rarissimi e danno luogo a scene anche comiche, perché Marta è pronta a tutto pur di non manifestare la propria schifiltosità, appunto perché lei è una politicamente molto corretta''.
    Perché lei Simona Nuvolari, non dice nulla della sua vita - si sa soltanto che vive a Roma - in un'epoca in cui attraverso i social è consuetudine condividere il privato in pubblico? ''Be', è consuetudine ma non per tutti e non allo stesso modo. Una lotta impari è chiaramente un romanzo di ispirazione autobiografica e quindi, sia pure indirettamente, in modo trasposto, attraverso queste pagine ho già detto moltissimo della mia vita privata e anche di quella di chi la condivide con me da vicino e magari non aveva chiesto, comprensibilmente, di essere "messo in piazza". In altre parole, con questo libro "ho già dato".
    A questo punto l'ultima cosa che vorrei è attirare i riflettori sull'autrice, la sua storia e la sua famiglia per dar modo di confrontarli con i personaggi del romanzo e vedere se e come se ne discostino. Se ho scritto un romanzo per condividere un certo tipo di problemi, è perché mi sembra quello il modo migliore di parlarne. Scomparire nel racconto è il mio ideale letterario.
    Ma parte questo, preservare almeno una zona di privato attorno a sé, da condividere solo con i più intimi, mi pare proprio necessario al benessere psicologico delle persone. Quanto a me, ne ho assolutamente bisogno''. (ANSA).
   

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