Cultura

Renato Minore, 'Ogni cosa è in prestito'

Corposa 'autoantologia' fino alla pandemia, tutta da leggere

RENATO MINORE, 'OGNI COSA E' IN PRESTITO' (La nave di Teseo, pag. 292, 20.00)

Redazione Ansa

RENATO MINORE, 'OGNI COSA E' IN PRESTITO' (La nave di Teseo, pag. 292, 20.00).
    ''Di me due libri/ soltanto due libri ti restano./ Verrò a prenderli/un giorno/ e ti dirò che ho girato/ il mondo confuso/ nel tuo ricordo/ e ho amato/ tutto ciò che incontravo/ per disperdermi:/e dirò/ che mi hai rubato/ Montale e il senno/ in un giorno di sole''. E' bellissima la poesia di Renato Minore nella sua semplicità cristallina, il latino degli amati Classici si affaccia a tratti ma quasi con il sorriso sulle labbra, e la ''chiarezza diventa emblema'', è il senso della parola che racconta un mondo in cui l'amore diventa sintesi del corpo letterario. S'affaccia il lavoro di critico letterario (''Abbiamo letto fino a sera/ - bruciavano gli occhi-/ quel romanzetto tanto lodato/ da gazzette e pifferai'') in queste pagine che raccontano del poeta che mette da parte il mestiere di critico e si lascia vivere ''con una pena che rimorde la coscienza viscerale/ dell'esistere''.
    Una vita, come una poesia, in cui basso e alto si alternano come in un minuetto, e le citazioni possono andare dal Nobel Giorgio Parisi a Playman, passando per la letteratura ovviamente cruccio e diletto tanto erotico quanto l'erotismo carnale che attraversa il teatrino del mondo. Un mondo però che è conoscenza, anche se i versi di Renato Minore sono attraversati da lezioni di maestre e maestri ma anche petulanti mestrini e maestrine. L'ironia non manca nella sottigliezza del verso che raramente si fa sibillino anzi, schiocca di realtà nitida. ''L'io è tutto qui'', scrive Minore, ''Pelato come un cardo/ roso come un tuorlo/ sbrindellato, accasciato/ come un santo/ senza aureola, come Belzebù''.
    Spiega Simone Gambacorta nella Postfazione, ''Minore abita la scrittura come un discendente del Nick Carraway del Grande Gatsby di Fitzgerald: anche lui sta 'dentro e fuori, affascinato e respinto al tempo stesso dall'inesauribile varietà della vita'''. Quella vita in cui l'amore fa da traino (''Ma te, amore dolcissimo:/e qui stento/ad essere nel verso/coscienza viva dello strazio'') e si fa racconto piano, disteso e in questo estremamente e sorprendentemente poetico. Insomma una vita in cui ''Ogni cosa è in prestito'' come dice il bellissimo titolo di questa antologia, che raccoglie altri suoi libri mettendoli insieme a versi nati in tempi pandemici. ''Forse la mia poesia - scrive l'autore - è un continuo sforzo per documentare la faticosa ricerca di punti d'appoggio, interpretazioni, ragioni qualsiasi intorno alla questione centrale dell'io - chi sono e perchè sono - e del mondo (cos'è e perchè c'è), della storia (cosa accade e perchè accade)''.
    Questioncelle, sostiene, che lui soffia con levità sulle parole che diventano versi. ''L'ultima sezione dell'autoantologia - ci spiega Giulio Ferroni nell'introduzione - ci parla del singolare e imprevisto crinale con cui la nostra vita e la nostra cultura si sono trovate a fare i conti nel 2020: quando il mondo intero ha dovuto interrogare l'inatteso''. Qui Minore ritrova alla fine Leopardi ''un testo - continua Ferroni - che forse ci mette in guardia dai rischi di un sapere troppo convinto di sé, di quella presunzione umana che Giacomo denunciava nella Ginestra'', e che Minore ci riporta in versi, leggeteli, bellissimi. (ANSA).
   

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