Cultura

Stassi rivisita avventure di Pinocchio

Protagonista è però Geppetto, un padre alla ricerca del figlio

Redazione Ansa

FABIO STASSI, ''MASTRO GEPPETTO'' ( SELLERIO, pp. 216 - 16,00 euro) - Il gran circo del mondo, quello in cui non a caso finisce anche il Karl di ''America'' di Kafka, piace a Fabio Stassi che con teatro e burattini ne fa un luogo che compare in vari suoi romanzi. E non poteva non accadere in questa sua sorprendente riscrittura di Pinocchio, che arriva dopo molte altre, da Giorgio Manganelli a Vittorino Andreoli, da Luigi Compagnone a Luigi Malerba, per citare le principali con quella in versi di Mario Bàino. Soltanto che qui, con una acrobatica giravolta, la storia è come si ribaltasse e protagonista ne diviene il povero Geppetto.
    Stassi ne fa una storia del secolo scorso di provinciali miserie e grettezze con una pennellata inziale di divertita perfidia, quando il farmacista, il droghiere, il postino e Mastr'Antonio di uno scosceso paesino perduto dell'Appennino, un ''borgo cattivo... senza madonne e senza resurrezioni'' con una ''fontana sempre secca nel mezzo della piazza'', decidono di prendersi gioco del più miserabile di tutti, un ex falegname con in testa ''una parrucca color della polenta di granoturco'' che vive in una casaccia storta, una grotta di tufo, nella miseria più assoluta e di cui si racconta ''che il più ricco dei suoi nonni chiedeva l'elemosina'', regalandogli ''una corteccia dura di catasta'', un pezzo di legno ''gobbo e nocchiuto'', per vedere se ci proverà davvero a costruire quella marionetta di cui parla sempre e con cui vorrebbe girare in tondo tutto il mondo.
    Con una fatica boia e due giornate e una notte di lavoro ininterrotto Geppetto riesce nella sua impresa e andrà subito ''con quella marionetta che gli penzolava tra le mani, stretta contro un fianco'' a denunciarla all'anagrafe come un figlio, dandogli il nome di Pinocchio. Ma come sappiamo Pinocchio non è un bravo bambino e sparisce presto, forse seguendo il Gran Teatro dei burattini, forse rapito e ceduto a due usurai, il cieco ''con un paio di folti baffi grigi che gli davano un'aria felina'' e lo zoppo ''più sghembo di una volpe spelacchiata'', o magari imbarcatosi per scappare in America.
    Sparisce così anche dalla storia che diventa solo quella del povero falegname, padre che si dispera e va in giro a cercarlo, tanto che di avventura in avventura (le stesse che Collodi fa capitare invece al suo figliuolo), passando dall'osteria del Gambero Rosso o costretto alla catena a fare il cane da guardia, finirà per fare il clown al Circo dei Fratelli Santoni esibendosi con l'uomo con la coda, sino diventare poi un vecchietto che ''non ricordava nemmeno come si fa a ricordare'', con un'appendice in cui, chi ancora rammenta quella storia, lo dice rinchiuso in un ospedale, dove un alienista lo dichiara ''non suscettibile di guarigione'', e dove racconta agli altri la storia di un burattino.
    Insomma, una storia di solitudine e di disperato bisogno di affetto, di una paternità difficile ma perseguita senza farsi fermare da nulla, nonostante tutto sia impietosamente contro di lui e la sua visionaria diversità. (ANSA).
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it