Cultura

Facchetti racconta San Siro, lo stadio con l'anima

E' come se ci fossimo nati, piu' di una casa, ascoltiamo la voce

La copertina di C'era una volta a San Siro di Gianfelice Facchetti

Redazione Ansa

 GIANFELICE FACCHETTI, C'ERA UNA VOLTA A SAN SIRO, (PIEMME, 206 PP, 16,50 EURO). Una dichiarazione di amore profonda e poetica per San Siro: non uno stadio ma una casa, un luogo senza tempo entrato nell'anima e nel cuore di chi il calcio lo ha nel sangue. Uno stadio, un monumento per Milano, svuotato dal Covid ma carico di miti, ricordi, emozioni che riportano all'infanzia e che segnano la crescita di un bambino. Il bambino e' diventato grande e si chiama Gianfelice Facchetti, innamorato del calcio e di San Siro.
    "C'era una volta a San Siro, vita, calci e miracoli" (Piemme, prefazione di Luciano Ligabue) e' il titolo dell'ultimo libro di Facchetti che, nel 2011, ha vinto il premio Bancarella Sport con "Se no che gente saremmo".
    Attore, drammaturgo, regista teatrale, Facchetti racconta in qualche modo il calcio di un tempo, quello smarrito a causa del profitto e del denaro, quello che riporta alla grandezza del padre, Giacinto, terzino dell'Inter e capitano della Nazionale italiana, leggenda e simbolo di trasparenza e onesta'.
    Uno stadio con un'anima il cui destino resta in bilico. Ha rischiato la demolizione e forse passera' attraverso un maquillage dagli effetti incerti ma, con il suo futuro sospeso, resta a testimoniare le gesta indimenticabili di Peppino Meazza e del grande Torino, il Milan di Rocco, l'Inter di Herrera, Gigi Riva e Pepe, gli olandesi di Sacchi e i tedeschi di Trapattoni, Maldini e Zanetti, Maradona, Totti, Baggio e Del Piero.
    Alla vigilia del possibile scudetto dell'Inter, a distanza di dieci anni dal Triplete, il libro di Facchetti spiega quanto la memoria sia importante, quanto il passato sia vivo e presente e quanto la passione possa animare e colorare persino un vecchio stadio che forse qualcuno vuole mandare in pensione con troppa fretta.
    "Come ogni patrono che si rispetti - scrive Facchetti - dal giorno della tua nascita in poi, San Siro, non ti sei mai distratto da cio' che accadeva sotto i tuoi occhi. Partite ordinarie, epiche, spareggi, derby, goleade e disfatte, nessuna differenza. Hai continuato a osservare calcio e calciatori come fosse la prima volta fino a consumarti le pupille, ormai mutate in lampade di terza generazione".
    San Siro diventa un luogo dell'anima e del cuore, incastonato nella città di Milano, nel verde dei viali che costeggiano l'ippodromo, in un quartiere che attorno ad esso si e' sviluppato: "Siamo i luoghi che abbiamo attraversato, un minuto, un'ora, un giorno. Siamo la casa che abbiamo abitato, la strada percorsa, la terra solcata. Siamo le stanze, i corridoi, i cortili di una vita". "Siamo lo stadio, non uno qualunque, siamo San Siro. E come se ci fossimo nati", si legge nell'incipit di un libro struggente e tenero, delicato e sentito che racconta il calcio visto da un'altra angolazione: un po' come se ogni lettore fosse seduto su un seggiolino - in gradinata o in curva - a riavvolgere il nastro della memoria.
    "A me piace pensare che - conclude Facchetti - a un certo punto del giorno, quando il sole declina, venga l'ora del giusto riposo per noi e ciò che facciamo. E' il tempo in cui anche le cose, all apparenza inanimate, scintillano e parlano la loro lingua muta. Per ascoltarle basta farsi da parte. Solo cosi' riusciremo a riconoscere la voce di questo stadio, senza grida' ne microfoni, calda, piena di vita, come ci e' stata sussurrata all'orecchio la prima volta in cui qualcuno ci ha detto 'Vieni, ti porto a San Siro'". (ANSA).
   

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