Cultura

Goldkorn, Il bambino che venne dal fiume

Mito di Mosè tra ieri e oggi, con le vignette di Sergio Staino

Redazione Ansa

(di Marzia Apice) (ANSA) - ROMA, 10 APR - WLODEK GOLDKORN, IL BAMBINO CHE VENNE DAL FIUME. LE AVVENTURE DI MOSE' (Feltrinelli Editore, pp. 112, 13 euro. Con le vignette di SERGIO STAINO). Ci sono storie che non devono mai essere dimenticate, "perché sempre ci sarà bisogno di persone coraggiose che lottano per la libertà": è con l'obiettivo di sottolinearne l'attualità che Wlodek Goldkorn rilegge in chiave laica e avventurosa il mito di Mosè nel libro "Il bambino che venne dal fiume", edito da Feltrinelli, in libreria dal 1 aprile. Adatto al pubblico dei più piccoli (dai 9 anni in su), il volume è impreziosito dalle intelligenti vignette di Sergio Staino che offrono un continuo riferimento ai nostri tempi, con riflessioni semplici ma profonde e mai scontate. La lettura procede secondo un doppio binario: mentre Goldkorn - mescolando le fonti bibliche alle invenzioni della sua fantasia - narra le avventure di Mosè alla guida del popolo di Israele verso la libertà, tra enormi deserti e fiumi, terribili piaghe, mari che si aprono e incontri con Dio, Staino ci parla di oggi, attraverso le figure di un bambino, di una bambina e di un gatto che riflettono sul mondo. Il coraggio di Mosè e le sue incredibili imprese vengono dunque reinterpretati alla luce del nostro difficile contemporaneo, in cui, come migliaia di anni fa, c'è ancora chi è ridotto in schiavitù, subisce soprusi e violenze, è costretto a scappare dal proprio Paese per sopravvivere o avere un'esistenza dignitosa. Il libro inizia con un Mosè bambino, trovatello, balbuziente ma dotato di carattere, che viene allevato come nipotino del faraone.
    Divenuto adulto, Mosè, che fin da piccolo aveva desiderato la libertà (tanto da rischiare di essere ucciso dopo aver toccato la corona del faraone), abbandona lussi e privilegi e scappa nel deserto. La sua intenzione è quella di provare a liberare gli ebrei dalla tirannia e dalla schiavitù e portarli via dall'Egitto "verso una terra promessa, terra di latte e miele".
    Mosè si innamora, si sposa, ha figli, ma non esita ad abbandonare la famiglia per onorare il ruolo di guida del popolo, un ruolo che esercita sfruttando il suo innegabile carisma e i "superpoteri" di cui sembra esser stato dotato da Dio. Nel libro è proprio questo un aspetto particolarmente sottolineato, ossia la potenza delle parole e delle storie, quando queste riescono ad avere una valenza universale. Per convincerli a seguirlo e a fidarsi delle sue parole, Mosè racconta infatti agli ebrei di essere a colloquio con Dio, di aver ricevuto le tavole con scolpiti i Dieci Comandamenti e rassicura tutti sulla presenza divina in ogni suo passo verso la libertà tanto agognata. Questo è ciò che Mosè racconta, tuttavia nessuno può essere certo che tutto ciò sia realmente successo.
    Ma alla fine, è così importante che la storia sia accaduta per davvero? Quello che conta in realtà, secondo Goldkorn e Staino, è l'insegnamento contenuto in ogni storia che, superando l'oblio del tempo e passando di bocca in bocca, di libro in libro, riesce ad arrivare fino a noi. Il lungo e avventuroso viaggio di Mosé ci insegna che vale la pena di ribellarsi alle ingiustizie e compiere qualche "miracolo" affinché tutti - gli "schiavi" di ieri e di oggi - abbiano il diritto di vivere una "nuova vita in un luogo meraviglioso", senza violenze né soprusi, in pace e serenità. In fondo, scrive Goldkorn, "le storie più belle sono quelle di cui non sappiamo se sono vere o inventate. E talvolta quelle inventate diventano vere". (ANSA).
   

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