Cultura

Servadio, il Novecento dei Giudei

Due famiglie, i Levi e i Foà, e l'intrecciarsi delle loro storie

Redazione Ansa

GAIA SERVADIO, ''GIUDEI'' (BOMPIANI, pp. 342 - 19,00 euro). Doveva intitolarsi 'Ebrei' questo ultimo e sostanziale libro di Gaia Servadio, che ha poi scelto la più incisiva e rivelatoria formula spregiativa 'Giudei' usata dai persecutori e sterminatori per raccontare la storia di due famiglie nell'Italia del novecento, in cui si riflette, pur nelle vicende 'parziali' di queste quattro generazioni di personaggi, cui appartiene anche l'autrice, tutta la storia di un paese.
    Un romanzo, con personaggi un po' veri e un po' inventati, ma all'interno di una ricostruzione realistica e vera di una parabola di benessere e agiata sicurezza che viene travolta dalla persecuzione nazi-fascista, per poi riprendersi e trovare, non senza il segno di ferite profonde, vie di rinascita dopo la guerra. Il tutto, forse proprio perché personale, quindi con la volontà di riuscire a tenerlo a bada emotivamente, raccontato con l'aiuto della fantasia ma sempre in modo netto, più che sintetico, limpido e asciutto nei fatti e nella scrittura, il che, per reazione e visti i contenuti, gli dona più forza.
    Si comincia con una storia colorita e apparente romanzesca, con due giovani amanti della musica della famiglia Levi che soccorrono per strada Giacomo Puccini rimasto schiacciato con una sua amante clandestina sotto la sua auto ribaltatasi. Sono ebrei marchigiani e più o meno laici Zaccaria e suo cugino Samuele, ingegnere, persona seria, attenta ai doveri specie quelli inesistenti, mentre il primo, appassionato d'opera, scanzonato, ironico e donnaiolo, farà l'impresario lirico e alla fine sposerà il soprano Drusilla. Questa muore presto di cancro lasciandolo con una figlia, Giovanna, che, dopo la sua morte al fronte durante la guerra 1915/18, crescerà a casa e con i vari figli di Zaccaria, uno dei quali è Cielo, padre della scrittrice. Poi c'è Sara, sorella nubile di Zaccaria.
    Quindi si va diciamo in parallelo con i Foà, più rigidi, torinesi, osservanti, la cui figlia Rebecca diventa la moglie di Zaccaria, intellettuale, antifascista, il quale compra una tenuta, Le Torrette, dove impianta una tipografia e stampa libri col marchio Gli Argonauti, sinché con le leggi raziali del 1938, gliela faranno chiudere e intima di vendere la tenuta, tanto che lui sceglierà di farla finita. A Torino vive anche Sara, sorella di Rebecca, dove andrà a stabilirsi la nipote Giovanna e dove starà un po' anche Cielo, che studia in Francia e nel 1931 è tra i giovani fisici nel gruppo di Fermi a Roma, poi sposerà Kate.
    La casa di Sara è cenacolo di antifascisti attivi piemontesi, tanto che poi lei sarà rinchiusa a Fossoli e poi finirà a Auschwitz. Suo fratello Elia Foà è invece fascista e a Milano frequenta casa Sarfatti e conosce Mussolini.
    Insomma, tante vite che si intrecciano in modi diversi, e per il lettore coinvolgenti, con una periodo movimentato e drammatico della nostra storia, diventando paradigmatiche del Novecento italiano, delle sue confusioni, perdizioni e vie di salvezza, raccontate divise in cinque parti intitolate Gli ebrei, I giudei, I nessuno, Il silenzio, Gli israeliti, didascalie quasi di un variare di stato e situazioni mentre in realtà le persone restano sempre le stesse.
    In mezzo notazioni e riflessioni: ed ecco una sentenza sulla fede, per la quale ognuno ha un suo percorso ''per decidere di non vedere ma credere, o di vedere e non credere''. O Giovanna, che davanti alle difficoltà seguite alla prima guerra mondiale, si chiede ''perché quando ci sono crisi gravi i governi si rivelano incapaci; forse le crisi sono dovute anche alla pochezza dei leader, oppure la pochezza dei leader è una conseguenza del livello etico della società''. Sino alla fine della storia che è fatta di inevitabili riti funebri e un liberatorio Kaddish, dopo il quale Aaron figlio di Cielo, comincia a scrivere questa storia, per cui si può usare come epigrafe la notazione di uno dei personaggi, ''O così lo ricordo, perché è vero che i miti sono confusionari e cos'è la storia di una famiglia se non un mito?''. (ANSA).
   

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