Cultura

Petroni fondamentale per Camilleri

Mondo è una prigione di Guglielmo Petroni attuale con pandemia

GUGLIELMO PETRONI, ''IL MONDO è UNA PRIGIONE''

Redazione Ansa

E' uno dei due libri che Andrea Camilleri ha sempre ripetuto essere stati essenziali per la sua formazione: ''il primo, in ordine di tempo, era stato, ancora negli anni del fascismo, 'La condizione umana' di Malraux; il secondo indubbiamente fu 'Il mondo è una prigione' di Petroni'', che torna ora, dopo molti anni, disponibile in una nuova edizione con una prefazione di Goffredo Fofi e una nota di lettura di Giorgio Patrizi.
    Il libro, tra romanzo e memoria, è nato dalla Resistenza e dall'esperienza dell'autore, partigiano catturato dalle SS e chiuso nella famigerata prigione di Via Tasso, che occupa la parte centrale del libro ''narrata velocemente, come fosse stato ovvio aver scelto la parte della lotta'' (Fofi), senza mai indulgere in particolari sulle sevizie subite, ma ponendo l'accento sulle reazioni intime e esistenziali davanti a questo cieco materializzarsi della banalità del male. Il resto della narrazione riguarda invece il ritorno nella natia Lucca subito dopo essere sfuggito alla fucilazione per l'arrivo degli alleati a Roma e il modo di porsi davanti alla nuova realtà, tra celebrazioni dell'eroismo resistenziale e l'impegno civile e umano nel momento della ricostruzione.
    Per questo Giorgio Patrizi, ricorda le sue prime letture di questo romanzo ''uscito nel 1949 e considerato un classico della narrativa dedicata alla Resistenza'' notando che, partendo da quell'ottica, ''finivo così, paradossalmente, per leggere questo libro, tanto ricco e sfaccettato, solo a metà'', anche se il titolo avrebbe già dovuto ''suggerirmi la complessità irrinunciabile di quelle pagine''. E aggiunge che ''il cammino difficile e sofferto, del protagonista verso casa ha una decisa coloritura mitica: è il 'nostos', il ritorno, che dall'Ulisse omerico riconduce ogni individuo non solo alla propria casa, ma alla matrice di tutto ciò che da quel momento, nella storia, si è diventati''. Quindi il racconto di una liberazione, del paese certo, ma qui riflessa in quella personale e nella scoperta della ''consapevolezza che il romanzo suggerisce: solo dall'esperienza dello scambio e del dialogo, dalla catena solidale che nasce dall'incontro con gli altri, è possibile uscire dalla prigione''. Un libro insomma di autoanalisi nello sconvolgimento degli eventi e nel ritorno a una libertà e ripresa, in cui, leggendolo oggi, non è possibile non rispecchiare il dramma odierno della pandemia e il bisogno di uscirne senza far finta che nulla sia cambiato, a cominciare da noi stessi.
    Fofi ricorda come un libro così antieroico, ''che non si muoveva nel senso della corrente'', nel clima di allora si fosse trovato contro proprio coloro che, sul fronte della sinistra, con Petroni avevano lottato e combattuto: ''ma questo resta, è uno dei libri più belli e coraggiosi di un tempo difficile, diventato rapidamente un tempo di malafede'' e, tra i tanti di allora, ''nessuno potrà turbarmi quanto accade con questo, che ancora oggi mi turba''. Il tutto portato avanti con una lingua limpida e trasparente che coinvolge nella sua apparente semplicità, lodata dalla critica che andava da Natalino Sapegno a Alberto Asor Rosa da Giorgio Bassani a Pier Paolo Pasolini.
    Guglielmo Petroni, Premio Strega 1974 per ''La morte del fiume'', nato a Lucca nel 1911 e morto a Roma nel 1993, autodidatta di famiglia molto povera, fu prima pittore e poi letterato, vivendo e collaborando alla grande stagione delle riviste, dal ''Selvaggio'' di Maccari a ''L'Italiano'' di Longanesi, da ''Letteratura'' e ''Campo di Marte'' sino a dirigere la redazione di ''Prospettive'' di Malaparte e, più avanti, caporedattore con al fianco Alicata, Briganti, Muscetta e Trombadori de ''La ruota'', chiusa dopo un anno dalla censura fascista. Nel dopoguerra è stato caporedattore della ''Fiera letteraria'' diretta da Cardarelli, tra i fondatori del Premio Strega, e quindi tra gli intellettuali, da Gadda a Cattaneo, chiamati a dar vita al Terzo programma culturale radio della Rai nel 1950. Ha pubblicato vari romanzi (tra cui, complementare di questo, ''Il nome delle parole'' riedito da Sellerio pochi anni fa), raccolte di saggi e poesie, per le quali Giovanni Raboni ha parlato di ''straordinaria coerenza di una vicenda singolare e appartata, ma tutt'altro che marginale rispetto alle linee ufficiali di sviluppo della poesia italiana del '900.... di una pronuncia poetica alonata di concretezza, addirittura virtuosistica nel far vibrare all'unisono gli strumenti della tradizione letteraria e quelli, non meno antichi e preziosi, di un parlato quotidiano ricco di misteriosa trasparenza e saggezza''. Ha ricevuto molti premi, ma teneva in particolare alla laurea Honoris Causa ricevuta nel 1985 dall'Antica Università di Sassari. (ANSA).
   

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