Cultura

Laura Imai Messina e il telefono del vento

Scrittrice, andiamo "dove si fa del pensiero parola"

La copertina di 'Quel che affidiamo al vento' di Laura Imai Messina

Redazione Ansa

 LAURA IMAI MESSINA, QUEL CHE AFFIDIAMO AL VENTO (PIEMME, PP 248, EURO 17,50). Un telefono nero, di bachelite, di quelli di una volta, che i ragazzi di oggi non hanno mai usato, trasporta le voci del vento. E' scollegato e ospitato all'interno di una cabina telefonica in un immenso giardino privato, chiamato Bell Gardia, nel nord est del Giappone. Da tutto il paese, ma anche dal resto del mondo, arrivano ogni anno migliaia di persone che alzano la pesante cornetta per parlare con chi non c'è più.
Parte da qui, da questo luogo dove regna la potenza dell'immaginazione, il viaggio compiuto da Laura Imai Messina nel suo nuovo romanzo 'Quel che affidiamo al vento', pubblicato come i precedenti da Piemme, che in due settimane è arrivato alla seconda ristampa, è il primo si Amazon, va a ruba nelle librerie ed è stato venduto in oltre 20 paesi. E' un romanzo sorprendente dove lo tsunami dell'11 marzo 2011 in Giappone, il dolore, i lutti e l'immensa sofferenza della perdita, anche dei figli, vengono raccontati in una storia di rinascita e di amore, ambientato in uno dei "luoghi di resilienza più potenti del mondo". "Le persone devono perdersi per trovarsi. Devono vagare, cioè entrare in uno stato meditativo che è quello che le aiuta a parlare dalla cornetta del telefono. Il punto è fare del pensiero parola. La cabina del telefono serve a questo. A smorzare i toni drammatici. Un lutto è capace di uccidere, invece fare parola ti aiuta ad ascoltarti. Nella cabina, oltre al telefono, c'è un quaderno dove chi vuole può anche scrivere" racconta all'ANSA Laura Imai Messina, romana d'origine, che vive in Giappone da 15 anni, dove insegna italiano in tre università, è sposata con un giapponese e ha due figli piccoli.
In questi giorni è in Italia per l'uscita del libro che verrà tradotto in Giappone. "Non mi aspetto mai niente, ma già prima della Fiera di Francoforte 2019 sono arrivate tante offerte di traduzioni. Quella arrivata dal Giappone è stata una vera sorpresa e consacrazione, una grande gioia. Mi ha fatto commuovere. Tendenzialmente i giapponesi non traducono gli autori stranieri che parlano di Giappone. In generale fanno pochissime traduzioni e i pochi che scelgono sono famosissimi" spiega la scrittrice. E ci tiene a sottolineare che Bell Gardia, sul fianco scosceso di Kujira-yama, la Montagna della Balena, non "è un luogo turistico. Non ci sono indicazioni, cartine. Lo gestiscono Sasaki Itaru e la moglie, due ultrasettantenni. Il guardiano del romanzo è ispirato a lui che ha concepito questo luogo e lo ha condiviso con chi ne sente il bisogno.

In effetti, "ci sono luoghi della terra che è importante continuino a esistere, al di là di noi e del nostro farne esperienza" sottolinea la Imai Messina e uno di questi è il Telefono del Vento dove la stessa autrice ha avuto remore ad andare: "la verità era che temevo di rubare qualcosa, di sottrarre tempo e disponibilità a qualcuno che ne aveva più bisogno di me".

Nel romanzo Yui, una donna di 30 anni, che nel marzo 2011 ha visto inghiottite dallo tsunami sua figlia e sua madre, va a visitare Bell Gardia dove incontra Takeshi, un medico che vive a Tokyo ed è padre di una bimba di 4 anni, muta dal giorno in cui è morta la madre. Quando un urgano rischia di abbattere quel Giardino, Yui fa di tutto per salvarlo, a costo della sua vita. "Andare lì è anche riconoscere che una persona non c'è più.
Rendersi conto di come ci si sente. Ammettere la mancanza. C'è chi non riesce a piangere. C'è chi scrive sul quaderno: 'non ho sentito nulla'. E' come una cartina di tornasole. E' un luogo di grande bellezza, 'consolante e rigenerante" sottolinea la Imai Messina. Bell Gardia è stato creato nel 2010, un anno prima dello tsunami, "in modo quasi poetico. Ed è proprio dalla poesia che vengono fuori cose magnifiche. La poesia è un distacco dal reale che te lo fa vedere in modo puro. Sasaki Itaru protegge quel luogo e io ho voluto scrivere una storia di rinascita, non raccontare il dolore per il dolore, sarebbe stato uno spreco. Ho voluto innestare un nuovo germoglio su un terreno bruciato" dice la scrittrice alla quale sono arrivate proposte per farne un film. "Se si realizzerà sarebbe bello che avesse lo stesso effetto che ha il libro sui lettori. Tutti mi dicono che è un romanzo che fa bene" dice la scrittrice che vorrebbe venisse privilegiata la "zona luminosa. In fondo un romanzo lo fa la parola, non tutta la storia" sottolinea la Imai Messina che in Giappone non vive sotto la pressione del mondo editoriale e riconosce e difende questa sua zona preziosa di libertà. 

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