Cultura

Miano, La stagione dell'ombra

Affresco dell'Africa sub-sahariana, tra schiavitù e ritualità

Redazione Ansa

LEONORA MIANO, LA STAGIONE DELL'OMBRA (Feltrinelli, pp.208, euro 16). C'è il dolore delle madri, che da un momento all'altro hanno visto sparire i propri figli. C'è la disperazione delle mogli, senza più i mariti. C'è poi lo sgomento degli uomini, incapaci di proteggere il proprio popolo.
    A permeare ogni sentimento, la ritualità e il fatalismo di una società precoloniale dalle radici antiche, mentre lontano, emerge l'orrore della tratta degli schiavi.
    E' un potente affresco dell'Africa sub-sahariana il romanzo "La stagione dell'ombra" della scrittrice camerunense Léonora Miano, edito in Italia da Feltrinelli (con la traduzione di Elena Cappellini). Siamo nel piccolo villaggio del clan dei mulongo, appena sconvolto dalla scomparsa improvvisa e inspiegabile di dieci giovani e due anziani. Nessuno sa dove siano finiti, né chi sia il responsabile di questa misteriosa tragedia. Mentre un popolo intero ha perso il sonno e si interroga sul da farsi, con i capi che cercano di trovare una soluzione, una terribile verità si profila all'orizzonte, quella della tratta di esseri umani a opera degli "uomini dai piedi di pollo", ovvero i bianchi. Da qui inizia il racconto di una vicenda di dolore, smarrimento e ricerca della verità da parte di una comunità costretta a cambiare in modo traumatico i propri punti di riferimento, ma capace anche di rimboccarsi le maniche, di unire le forze abbattendo le diversità, di riscoprirsi resiliente.
    La scrittrice, che per questo libro è stata premiata nel 2013 con il Prix Femina 2013, ha la grande capacità di tessere con le parole una tela che avvolge e trascina il lettore in universo sconosciuto, lontano nel tempo, fatto di lentezza e di ritmi naturali, di visioni, di fuochi accesi e arcane magie, di superstizioni, e scandito dal culto dei morti e degli antenati, dai riti di purificazione e d'iniziazione, dal volere di dei implacabili: qui, in questa piccola, semplice comunità, i colori sono sempre vividi e ogni gesto, ogni pensiero viene raccontato con grande efficacia narrativa.
    Nella vicenda l'autrice descrive la potenza della natura, i suoi doni e le sue punizioni e spiega il funzionamento di questo microcosmo sociale, in cui ognuno ha il suo ruolo e le credenze sono ben radicate; ma è quando adotta il punto di vista delle donne (e il loro mondo interiore) che la sua scrittura diventa ancora più incisiva. Una lingua poetica quella di Miano, che stupisce ed emoziona: l'autrice non ha paura di affrontare in profondità i sentimenti, cercando di svelare l'anima, le suggestioni, le antiche tradizioni di un Continente troppo spesso violato. La forza del libro è qui, nella volontà di Miano di raccontare il traffico transatlantico degli schiavi dando voce direttamente agli africani rimasti nel Continente, persone che nessuno ha mai ascoltato e delle quali la Storia si è dimenticata. (ANSA).
   

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