Cultura

Borgna, La follia che è anche in noi

Saggio su psichiatria gentile, che si nutre di umanità e dialogo

La copertina de 'La follia che è anche in noi' di Eugenio Borgna

Redazione Ansa

(ANSA)  - EUGENIO BORGNA, LA FOLLIA CHE È ANCHE IN NOI (EINAUDI, PP.136, 12 EURO). L'ascolto e la gentilezza, l'immaginazione e la solidarietà, la capacità di abbracciare il dolore altrui, provando a sentirne il peso; e il coraggio di capire la genesi e la direzione della sofferenza per contrastarla con la sensibilità: la certezza che la psichiatria sia una scienza umana e non solo naturale è il fulcro del saggio di Eugenio Borgna dal titolo "La follia che è anche in noi" (Einaudi). Una lettura illuminante, che rinfranca il cuore, nell'ambito di un tema, quello della fragilità e del disagio mentale, che riguarda moltissime persone, e di cui spesso si fa fatica a parlare, per vergogna per lo più o per timore di non essere compresi. "Sì, in psichiatria le ragioni del cuore sono non meno importanti della ragione calcolante, e in essa ci sono condizioni così dolorose, e così strazianti, che la comunità di cura non possa talora non sconfinare in una comunità di destino", scrive il professore. Con precisione, fermezza, ma anche con uno sguardo sereno e gentile, Borgna mette a disposizione del lettore la sua grande esperienza di psichiatra, spiegando il suo approccio alla mente umana, parlando dei suoi pazienti, indicando anche quali strade (a volte sbagliate) la psichiatria ha seguito fino a oggi.

Dagli anni trascorsi al manicomio di Novara - prima come primario poi come direttore dei reparti femminili - al grande spartiacque che è stata la legge Basaglia del 1978, con la chiusura dei manicomi e l'opportunità di avere un servizio psichiatrico ospedaliero e territoriale, dalla psichiatria come è oggi (con alcune parti della legge 180 non attuate e diverse criticità, come il problema non superato della contenzione dei pazienti più aggressivi) fino alle prospettive per il futuro, Borgna delinea un quadro che al tempo stesso è personale e collettivo: le sue sono riflessioni che di certo partono dal vissuto personale (più volte lascia intendere che l'essere medico è stato molto più di una professione, ma anche un modo per conoscere se stesso e le proprie emozioni) e dalle storie delle sue pazienti, ma riescono ad avere uno sguardo ampio, capace di abbracciare molti aspetti di che cosa è stata (ed è) la psichiatria e quale sia l'approccio italiano alla malattia.

Pur considerando "doverosa la chiusura dei manicomi, regrediti in Italia a livelli di intollerabile inumanità", luoghi spesso di indifferenza quando non di abuso, violenza e assenza di rispetto della dignità della persona, Borgna afferma che la sua esperienza nel manicomio di Novara è stata del tutto differente, ricordando di aver avuto la preziosa opportunità di una cura amorevole, rigorosa e appassionata delle pazienti: una cura che partiva proprio dal dedicare a ognuna di loro tutto il tempo necessario (risorsa rarissima ieri ma anche oggi, negli ospedali con il servizio psichiatrico) e che non prevedeva contenzioni o porte sbarrate. E nel futuro, dove sta andando la psichiatria? In un contesto caratterizzato da mancata attenzione dalla politica e indifferenza della società nei confronti del disagio mentale, non basta migliorare le strutture e i modi di fare psichiatria "se, come ancora oggi avviene, si dà esclusiva importanza ai farmaci, e se la cura non si nutre di attenzione e di ascolto, di sensibilità e di passione, di vicinanza emozionale, e di capacità di cogliere il senso che si nasconde nella sofferenza psichica, nella follia, e se non si è consapevoli della enorme importanza che nella cura hanno le parole", scrive Borgna. E lascia, alla fine del libro, una profonda verità: "La follia non è qualcosa di estraneo alla vita, ma è una possibilità umana che è in noi, in ciascuno di noi, con le sue ombre e con le sue incandescenze emozionali".
   

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