Cultura

Eraldo Affinati per un'altra scuola

Come un romanzo storia delle scuole per immigrati Penny Wirton

ERALDO AFFINATI, 'VIA DALLA PAZZA CLASSE'

Redazione Ansa

Eraldo Affinati, in cui didattica e letteratura, insegnamento e scrittura si fondono e completano, si immagina "come un poeta che, al pari di ogni altro individuo, nel cantiere dei lavori in corso, sia impegnato a compiere un'esperienza di sé". Allora, un libro come questo, sulla nascita, il senso, lo svilupparsi e il proliferare delle scuole Penny Wirton da lui fondate per insegnare gratuitamente l'italiano agli immigrati, a ridurlo e raccontarlo in breve appare semplice e schematico, mentre la sua caratteristica, tutta letteraria, grazie alla capacità di osservazione, di racconto e stile dell'autore, è proprio la ricchezza umana, la capacità di cogliere il senso in un gesto o un fatto, perché tutto quel che accade in quelle aule ha in quel bisogno e capacità di comunicare un fondo poetico, spiazzante e capace di coinvolgere ragione e sentimento del lettore. Tanto più, paradossalmente, di questi tempi in cui si alzano muri e barriere, si chiudono porti e centri d'accoglienza.
    Affinati e i volontari che lavorano e insegnano con lui, alcuni da molti anni, hanno davanti persone magari analfabete, chiuse, impaurite, provate da esperienze troppo grandi e tragiche da raccontare, ma è solo entrando in comunicazione, creando scambi empatici, aprendosi come si spera di riuscire a far fare all'altro, che si smuove qualcosa e magari ecco che un ragazzo o un'anziana impareranno l'italiano e la scrittura come un vero strumento, tutto nuovo, per riconquistare un rapporto col mondo.
    Sono 15 anni, da quando uscì 'La città dei ragazzi' nel 2004, che Affinati riflette e racconta la sua esperienza, 11 da quando ha iniziato a parlare della scuola Penny Wirton (nome che deriva dal bellissimo racconto di Silvio D'Arzo 'Penny Wirton e sua madre') e analizza insieme non a caso la figura e la storia di Don Milani (in due libri: 'L'uomo del futuro' e 'Il sogno di un'altra scuola') arrivando non a immaginare, ma a creare una scuola nuova dove ci si guarda negli occhi, si intessono relazioni, non si danno voti. E' una vicenda in cui dimensione pedagogica e letteraria si intrecciano e fondono affrontando temi che inevitabilmente chi frequenta quelle scuole sente e incontra vivi, dal senso della fuga e dei viaggi della speranza e della morte alla paura e la fragilità delle persone. Il nodo è tutto nell'atteggiamento responsabile di chi si trova a cercar di formare questi ragazzi, diversi per storia, origini, culture, religione che costringono a ripensare il modo di riuscire a stare insieme e poi, di conseguenza, anche un'idea nuova di Europa, specie guardando a quegli adolescenti italiani, che in queste aule si impegnano con tutta la disponibilità necessaria a insegnare la propria lingua ai loro coetanei dell'altro mondo.
    "Superati i sessant'anni bisogna saper ritrovare, con superiore sprezzo del pericolo, la propria giovinezza", ovvero il saper aprirsi al mondo senza remore e con più esperienza che sono sostanziali gli errori per andare avanti, più delle certezze, ricorda Affinati, che a passi lenti, da quando si ritrovò giovane a insegnare alla Città dei Ragazzi scoprendo di avere alunni in maggioranza immigrati, ha esplorato nuovi campi cercandovi i segni dell'umano, che hanno acceso in lui uno spirito nuovo, un'attenzione e una dedizione all'altro ardente, ma non per questo solo sentimentale, anzi sempre con spirito critico rigoroso, pronto a andare anche contro se stesso, a rinnovarsi e modificare il percorso, invocando, come accade a un certo punto in queste pagine, quale modello umanistico di riferimento Francesco Petrarca con la sua trepidazione emotiva, ma assieme alle sue ansie, i suoi sconforti i suoi dubbi. E allora, esemplare per questo scrittore appartato e ritroso, ma prima di tutto maestro e insegnante, che dai suoi alunni e incontri ha imparato sicuramente quanto è riuscito a dare, appare il celebre sonetto: "Solo et pensoso i più deserti campi / vo mesurando a passi tardi et lenti", che parla di ritrosia a mostrare il fuoco che si ha dentro e come sempre la scoperta e l'argomento principale sia l'amore. (ANSA).
   

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