Cultura

L'italiano, clavicembalo nei secoli

Preziosa e delicata, la nostra lingua è La più bella del mondo

La cover del libro di Stefano Jossa 'La più bella del mondo'

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 2 OTT - STEFANO JOSSA, LA PIU' BELLA DEL MONDO. Perché amare la lingua italiana (Einaudi, pp.200, 17 Euro) Ha la grazia armoniosa e la dolcezza di un clavicembalo, più che il suono sferzante di una chitarra rock: è la lingua italiana, delicata e preziosa, il nostro fiore all'occhiello, come spiega bene Stefano Jossa nel suo appassionato saggio "La più bella del mondo", edito da Einaudi.

Per il professore, che insegna letteratura, cultura e lingua italiane a Londra, non ci sono dubbi: l'uomo è un essere linguistico e tutti sono naturalmente portati ad amare intensamente, come una "patria interiore", la lingua natia. Ma se per ognuno la propria lingua rappresenta la "casa del cuore", uno strumento per esprimere i sentimenti più forti e intimi (non è forse quella madre la lingua in cui si sogna e ci si esprime quando si fa l'amore?), nel caso dell'italiano ci sono motivi oggettivi che rendono questo idioma davvero speciale e meraviglioso. Per scoprirli, Jossa propone un piccolo ma efficace excursus nella storia, le origini e lo sviluppo dell'italiano, lingua "inventata, ma anche e soprattutto finalizzata all'invenzione, alla creatività linguistica e al gioco verbale".

Per le metafore, le rime e i sinonimi, le infinite combinazioni tra dialetti, registri e suoni, le soluzioni espressive e sintattiche, in una parola per la sua inesauribile varietà, dell'italiano dobbiamo essere orgogliosi perché la sua straordinarietà è emblema della storia e della cultura del nostro Paese. Sbaglia chi pensa che questo sia un libro per dotti cultori e intellettuali: al contrario, Jossa riesce a parlare a tutti, proponendo una lettura che è colta e divertente al tempo stesso. L'autore spazia nei secoli, oltre che nelle strutture stesse della lingua: tra le pagine come è ovvio non potevano mancare i padri dell'italiano, da Dante a Manzoni, ma poi si arriva a Pasolini, con la sua riflessione politico-ideologica sulla lingua, a Gadda e Calvino, fino ad arrivare al mondo dei cantautori, dei registi e degli scrittori contemporanei. Nel libro c'è spazio anche per il palco di Sanremo, dove Claudio Baglioni ha fatto recitare Leopardi a Pierfrancesco Favino, e per casi balzati agli onori delle cronache, come gli incidenti linguistici che hanno visto protagonista il vicepremier Di Maio, in particolare con il congiuntivo.

A questo proposito, Jossa chiarisce che rinunciare alla grammatica - riprendendo la lezione di Gramsci, ma anche di don Milani e Fo - può essere rischioso, soprattutto per le classi più disagiate e meno colte, e non certo per una questione di brutta figura: "Parlar bene è una garanzia di corrette procedure logiche e giuridiche, quindi anche economiche e politiche, perché non si dà certezza del diritto dove non c'è certezza linguistica". In quanto viva e in continua trasformazione, la lingua riesce a cambiare anche noi, e usarla consapevolmente - proprio perché ci definisce in quanto esseri umani - rappresenta davvero una splendida avventura. Un cammino esaltante, fatto di bellezza e pensiero, da vivere però insieme agli altri, perché "non c'è lingua senza condivisione". (ANSA).
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it