Cultura

Hunt, l'Europa è modellata dai venti

L'inglese in viaggio sulle tracce di Helm, Bora, Föhn e Mistral

La copertina del libro di Nick Hunt 'Dove soffiano i venti selvaggi'

Redazione Ansa

(ANSA) - MILANO, 1 GIU - NICK HUNT, 'DOVE SOFFIANO I VENTI SELVAGGI' (NERI POZZA, PP. 304, EURO 17) Le persone, le sue campagne e le sue città proprio come le montagne e i boschi sono modellate dal vento. E' un paesaggio umano e naturale sempre mutevole, che l'inglese Nick Hunt attraversa in 'Dove soffiano i venti selvaggi', edito da Neri Pozza: un reportage di viaggio in solitaria, letterario e meteorologico, sulle tracce di Helm, Bora, Föhn e Mistral, venti mitologici che tagliano e uniscono l'Europa come antichissime vie. "Mi affascinava l'idea di qualcosa di invisibile che ha un effetto profondo sulle persone e il territorio, un potere invisibile che tocca agricoltura, architettura e religione", racconta all'ANSA Hunt, arrivato in Italia per alcuni incontri tra cui il 1 giugno a Padova e il 3 giugno a Ivrea. I suoi cammini donchisciotteschi a caccia dei venti sono tra foreste e campi, ma non è solo qui che si misura l'effetto di questi antichi 'spiriti': "La vita urbana moderna ha cercato di eliminare l'influenza degli effetti atmosferici: porte e finestre ci vogliono proteggere, ma in qualche modo è un tentativo fallimentare. Si nota Trieste con la Bora, o in Svizzera: qui quando soffia il Föhn per qualche ragione si registrano più crimini e suicidi".
    Tra una citazione di Schiller e Tolkien, tra le poesie di Rainer Maria Rilke e le lettere di Joyce o di Van Gogh, Hunt unisce passato e presente misurandoli con il mito e il folklore: "Conferire un carattere positivo o negativo ai venti è cosa antica, e molti disapprovano in quanto antiscientifico. Ma io mi sento vicino all'antropomorfizzazione: in un'era in cui siamo sempre più separati dalla natura, è interessante notare quanto ancora ci sentiamo immersi nel clima, ad esempio quando diciamo che la pioggia è deprimente". E questo ha esiti di straordinaria attualità: "Nel viaggio della Bora ho notato che esiste una xenofobia dei venti: la Bora da nord è percepita come positiva e rinfrancante, mentre lo Jugo da sud è ritenuto foriero di malattie. In quel momento ero al confine con la Croazia, nel bel mezzo della crisi migratoria: mi sembrava che le persone incontrate parlassero dello Jugo come si parla dei rifugiati".
    Di questi pensieri Hunt rintraccia le origini: "Ippocrate credeva che gli abitanti di regioni troppo fredde o calde fossero inevitabilmente esposti alla barbarie, gli inglesi lo dicevano dei popoli mediterranei, e questo pensiero in fondo esiste ancora: Grecia, Italia e Spagna sono percepiti dai nordici come pigri. Sembra ridicolo se si pensa che la civiltà europea è nata qui: il clima ha effetti sull'uomo, ma sono storici, non permanenti", spiega l'autore 37enne, che nei prossimi viaggi intende proprio indagare la natura più indomabile e selvaggia dell'Europa. Un continente attraversato da tribolazioni e cambiamenti, così come i venti mutati dal riscaldamento globale: "Il cambiamento del clima non potrà che comportare un diverso approccio culturale ai fenomeni atmosferici. Come le stagioni degli uragani più lunghe nei Caraibi e sulla costa est americana, o le tempeste più frequenti e imprevedibili in Gran Bretagna: le forze stagionali non sono più affidabili, e questo non può che suggerire un senso di incertezza e instabilità, dall'agricoltura in giù".
   

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