Cultura

Ian Manook, il mio commissario in collera

Torna Yeruldelgger in 'Tempi selvaggi'

La copertina del libro di Ian Manook 'Yeruldelgger - Tempi selvaggi'

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 25 MAG - IAN MANOOK, YERULDELGGER - TEMPI SELVAGGI (FAZI, PP 473, EURO 17). E' tornato ma è in collera Yeruldelgger, il forte e invincibile commissario mongolo creato da Ian Manook. In 'Tempi selvaggi', il secondo romanzo della trilogia da 500 mila copie vendute, partita con 'Morte nella steppa', mostra così anche la sua violenza e fragilità.
    "La sua forza morale e il rispetto delle tradizioni non gli permettevano di gestire i drammi contemporanei. Allora è andato in collera e a causa di questa collera la sua forza è diventata una violenza. Ma la violenza è una debolezza che lo danneggerà", dice all'ANSA lo scrittore francese di origini armene Patrick Manoukian. E' questo il vero nome di Ian Manook, 68 anni portati benissimo, che dopo l'incontro sold out al Salone del Libro di Torino è stato protagonista a Roma di una presentazione con Giancarlo De Cataldo che ha parlato del suo Yeruldelgger come di "uno dei personaggi più originali, forti e convincenti apparsi negli ultimi anni nel panorama del noir europeo". Il commissario della squadra omicidi di Ulan Bator "non sopporta che la rabbia prenda il sopravvento sul suo insegnamento Shaolin e le sue tradizioni nomadi e sciamaniche.
    Per dirla tutta, perde terreno e non è più lui il personaggio principale di questo secondo romanzo, ma Oyun. Simbolicamente, lui rappresenta la Mongolia tradizionale e lei quella contemporanea, e il conflitto interiore di Yeruldelgger corrisponde ai legittimi interrogativi sul futuro del paese" racconta Manook diventato anche in Italia un autore culto. In 'Tempi selvaggi' ci troviamo nella steppa avvolta nella morsa di un vento gelido, con tormente di neve e temperature a meno trenta ma anche in Francia sulle tracce della scomparsa del figlio di una prostituta assassinata, Colette, del cui delitto viene accusato il commissario.
    "Il mio editore, Albin Michel, temeva che avessi perso interesse per la Mongolia e voleva che io ambientassi una parte della storia in Occidente ma ho rifiutato che Yeruldegger andasse a fare uno stage presso la polizia giudiziaria francese o l'Fbi. Il commissario non lascia la Mongolia ma mi sono imbattuto per caso in due fatti diversi che hanno in verità legato, in modo completamente romanzesco, la Mongolia alla Francia" spiega. E così Manook ha colto l'occasione al balzo per sviluppare una parte della storia in Occidente. "Ho dovuto creare un nuovo personaggio, Zaza, che a poco a poco si è imposto come un personaggio di primo piano".
    Tra giochi di potere, loschi affari e servizi segreti, Yeruldelgger è un uomo perso. "Credo che dentro di sé sappia che la sua vita non gli appartiene più, perciò si batte veramente per essa. Si batte contro se stesso, contro quello che è diventato, contro quello che gli altri lo forzano ad essere" sottolinea Manook che vive a Parigi, è sempre stato un grande viaggiatore ed editore di cataloghi di viaggi e magazine per ragazzi. Del nuovo presidente Emmanuel Macron e della nuova era che si apre in Francia, dice: "Ho votato 'rivoluzionario' al primo turno e scheda bianca al secondo turno. Non amo la tendenza ultraliberale che si sta annunciando, in particolare riguardo ai trattati nordatlantici. Voglio più Europa, molta di più, ma non questa Europa". 'Tempi selvaggi' è dedicato "a tutti quelli che ha incontrato" e lo scrittore spiega: "Ho viaggiato a lungo prima di cominciare a scrivere, e non scrivo che di paesi dove ho amato viaggiare. L'importante è che il paese da dove vengo e il paese da dove mi trovo non collidano ma possano sfregarsi l'un l'altro. La polvere che ne viene fuori è una polvere magica che appartiene unicamente al viaggiatore".
    Al suo commissario mongolo succedono un sacco di cose. Cosa dobbiamo aspettarci dal terzo capitolo della trilogia? "Non avevo previsto il terzo libro, ma mi sono presto reso conto che non potevo lasciare questo personaggio, al quale mi sono tanto affezionato, in un tale stato. Dovevo offrirgli una possibilità". Cosi' il terzo volume, già pubblicato in Francia con il titolo 'La morte nomade', che in Italia uscirà per Fazi, "non è un'offerta di redenzione per Yeruldelgger. Gli ho lasciato 500 pagine per inventare lui stesso il suo proprio divenire. È una fine che va in tutti i sensi, una sorta di road movie nella steppa dove una sorta di saggezza burlesca ha preso il sopravvento su questo mondo di folli". E, alla conclusione della trilogia, lo scrittore si è sentito "lusingato che Yeruldelgger fosse felice che l'avventura finisse così".(ANSA).
   

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