Cultura

Bennardis, anatomia del dolore

Ricerca d'un senso tra disgrazie private e tragedie pubbliche

Francesco Bennardis Il buio

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 17 GEN - FRANCESCO BENNARDIS, ''IL BUIO'' (SENSIBILI ALLE FOGLIE, pp. 110 - 13,00 euro).
    Un romanzo che è anatomia del dolore, quello più imprevisto e innaturale, quello che sorprende e trascina con sé perchè non nell'ordine naturale delle cose, della vita. Anatomia dell'avvolgersi in esso come un bozzolo, con finezza di notazioni esistenziali e quotidiane, dello sprofondarvi quasi con protervia, con voglia di autodissoluzione, pian piano, verso la scoperta, per l'io narrante, di non essere la sola a morire di dolore, in un mondo la cui vita continua insensibile, implacabile, terribile e salvifica assieme. Un giorno il piccolo Flavio, rincorrendo un pallone finisce in mezzo alla strada, viene investito da un camion e muore.
    Inghiottito lui dal buio, tutta la sua famiglia precipita in quell'oscurità di anima e sentimenti che è la negazione della vita, e specie la madre Irene vive quel buio come l'unico futuro che l'aspetta, un pozzo in cui via via si blinda sempre più, come per fortificarsi davanti al dolore che invece imprigiona con sé. E anche il matrimonio con Antonio muore. Per Irene quel giorno sono morti tutti e tre loro e che il padre cerchi in qualche modo di guardare avanti, di non restare solo e recuperare almeno lei, pare una provocazione: ''io non accetto di tornare alla vita di sempre senza mio figlio e l'idea che per lui possa essere possibile mi rende furiosa .... Riprendo i percorsi di una tempo per sottrarmi al pietismo di chi mi vorrebbe guarita da un dolore senza terapia''.
    Bennardis costruisce per la sua io narrante un percorso singolare, di solitudine, e assieme collettivo, sociale. Irene e Antonio vivono su un'isola, Ustica, un microcosmo di gente che si conosce e convive. Attorno a loro una rete di naturale solidarietà, a cominciare dai parenti e gli amici più cari, che evitano parole di convenienza e di banale senso comune, ma sono accanto vivendo e cercando di coinvolgere. E proprio in quel periodo Ustica del dolore diviene un simbolo, un centro, visto che nel suo mare cade un aereo di linea con tutti i passeggeri, uomini, donne e bambini che lasciano a terra parenti attoniti e distrutti da una tragedia senza spiegazioni. I giornali, il mondo, si interroga sulle ragioni del disastro, la situazione è tutt'altro che chiara e alcuni misteri si affacciano sin dai primi giorni di indagini. Per Irene appaiono discorsi assurdi e divagatori rispetto a quello che lei ritiene dovrebbe essere il vero tema e ''centro della vicenda, il dolore dei familiari''.
    Lo stesso accadrà poco più avanti nel tempo, quando alla Stazione di Bologna esplode una bomba che fa nuove vittime di ogni genere e età, lasciando altre persone vedove, orfane, senza i propri cari, all'improvviso, senza una ragione apparente. La verità è che il dolore è sempre in agguato per tutti, anzi, per molti, senza che vi sia una spiegazione anche banale.
    ''Sapere cosa abbia provocato la morte di Flavio mi pone in una posizione di privilegio. Non ci avevo mai pensato prima.
    Conoscere la verità non cancella il dolore, ma lo rende sopportabile''. Così quando, proprio mentre tra Irene e Antonio pare qualcosa stia rinascendo con forza, un'ennesima tragedia si abbatterà sull'Italia, il terremoto in Irpinia, questa farà da catalizzatore, da cartina di tornasole, e i due partiranno volontari come soccorritori, come a cercar di far rinascere la vita scavando sotto le macerie. (ANSA).
   

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