Cultura

Pupi Avati, racconto un orco normale

Esce primo romanzo, letteratura è immortale rispetto al cinema

La copertina del libro di Pupi Avati 'Il ragazzo in soffitta'

Redazione Ansa

PUPI AVATI, 'IL RAGAZZO IN SOFFITTA' (GUANDA, pp. 256 - 16,00 euro)

"Racconto la genesi di un orco destinato a compiere un atto definitivo e orribile, una persona che nella sua vita ha subito una serie di eventi che lo hanno colpito ed emarginato tanto da renderlo ostile". Così Pupi Avati, 76 anni, racconta all'ANSA il suo primo romanzo Il ragazzo in soffitta. Per il regista di tanti film il primo romanzo tardivo, perché la letteratura, dice, "è immortale rispetto al cinema". Infine la scoperta della tv da parte del regista bolognese: "Che bello poter essere visti da 5 milioni in una sola sera".

    "Nel libro - spiega ancora Avati che oggi festeggia anche il suo onomastico - sono protagonisti due ragazzi che più diversi non potrebbero essere, destinati a diventare definitivamente amici. E' una storia molto intensa, avvincente - aggiunge - e non inutile da raccontare. Dietro ogni essere umano che compie un atto estremo c'è sempre stato un bambino che ha sognato di diventare qualcos'altro. Non mi è mai piaciuto puntare il dito sui colpevoli. Cerco invece di capire, di avere un atteggiamento di pietas, di ascolto".

    I due ragazzi quindicenni che vivono nello stesso palazzo e frequentano la stessa classe sono Berardo Rossi detto Dedo, popolare, brillante e tifoso del Milan, anche se vive a Bologna, e Giulio Bigi, timido e sovrappeso. Uno che legge l'Eneide e indossa orrende cravatte. Ora nella famiglia di Giulio c'è un segreto che coinvolgerà, suo malgrado, anche Dedo. Giulio, infatti, non ha mai visto suo padre, chiuso in ospedale fin da prima che lui nascesse. Ora quello sconosciuto sta per tornare a casa. Ma non è la persona che lui si aspetta. Da qui una deriva del romanzo verso il noir per Dedo e Giulio, due ragazzi costretti a diventare grandi affrontando le sconfitte dei loro padri.

    "Avevo voglia di scrivere un libro di genere noir, un genere che ti costringe a stare dentro il racconto, lontano dagli abbellimenti. Insomma di fare un romanzo che fosse davvero risolto, compreso un finale di cui sono orgoglioso" spiega il regista di Regalo di Natale. "Dopo aver scritto la mia autobiografia, che è stata molto appezzata, Guanda - rivela Avati - mi ha chiesto di scrivere un romanzo. Una cosa che mi ha fatto molto piacere".

    La differenza tra letteratura e cinema? "La letteratura - dice - è più durevole, ha un potere evocativo enorme perché il lettore stesso con la sua immaginazione aggiorna la storia, i volti e le case. Il cinema, invece, tende ad essere datato, ad invecchiare. Il cinema poi si fa insieme a tanta gente, mentre la letteratura richiede uno sforzo fisico enorme. E' una cosa che fai da solo con una idea forte che ti deve continuare a piacere per un anno". La tv? ''E' una cosa che ho scoperto e che mi piace molto. Quando mai ti capita che un tuo film venga visto da 5 milioni di persone in una sola sera?".

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