Cultura

Storia, moda e successo dei tatuaggi

L'antropologa Alessandra Castellani la analizza in un saggio

Copertina di Storia sociale dei tatuaggi

Redazione Ansa

    (ANSA) - ROMA, 12 AGO - ALESSANDRA CASTELLANI, 'STORIA SOCIALE DEI TATUAGGI' (DONZELLI, pp.150 - 22,00 euro). Un tempo i tatuaggi li avevano i marinai che avevano girato il mondo, galeotti e personaggi di malaffare, tanto che erano visti come un marchio negativo. Oggi li esibiscono vip e personaggi di successo, attori e calciatori, come abbiamo visto durante gli ultimi mondiali di calcio dove ha attirato l'attenzione anche il braccio pieno di ghirigori della fidanzata di Balotelli. Così il tatuaggio diventa di moda, come un tempo accadde per il make up, si diffonde e normalizza, specie tra i giovani, dove diventa un modo di comunicare, dall'amore alla ribellione. In Italia è nel 1985 che una mostra ai Mercati Traianei, a cura di Simona Carlucci e Giorgio Ursini, per la prima volta affronta il tema con occhio antropologico e culturale, illustrando ''origini e e tendenze del tatuaggio contemporaneo'' sotto il titolo ''L'asino e la zebra''. Adesso Alessandra Castellani, antropologa specializzata in culture giovanili, propone questa sua ''Storia sociale dei tatuaggi'' dall'antichità a oggi ricca, oltre che di un inserto fotografico, di testimonianze, citazioni, interviste su questi segni sofisticati e popolari, ripetitivi ed originali, raffinati e rozzi, di moda e destinati quindi a non durare, eppure indelebili, che hanno un paradosso di fondo, esprimendo proprio ciò di cui si vorrebbe tacere. Traccia incancellabile che guida allo svelamento del segreto, di un rito di passaggio, magari dietro il pretesto della sfida: ''Mi sento più nudo con i tatuaggi, perché sono delle mie prese di posizione'' afferma un tatuatore ventenne milanese.
   

   Nell'antico Egitto erano solo le donne a tatuarsi, mentre in Grecia e a Roma, per contrasto, verità e bellezza sono nude e non vanno mascherate. Riti, con intenti taumaturgici, e fini strumentali si confondono nelle popolazioni primitive o barbare, dove magari si tatua il volto per dargli un'aria terribile che incuta paura ai nemici, come confermano citazioni da Erodoto o Tacito, mentre più avanti la scoperta dei tatuaggi verrà dai grandi viaggiatori come James Cook, specie dopo l'arrivo a Tahiti, e poi dalla conoscenza dei Maori come dei Giapponesi, da dove arriveranno in occidente.
   

   Per arrivare ai nostri giorni, è negli anni '70 che alla parola si aggiunge, come mezzo espressivo, anche il corpo e la sua possibilità di modificarlo, di intervenirvi, attraverso body art e performer sino a coinvolgere il mondo del femminismo più fondamentalista, da cui deriveranno poi gli atteggiamenti di sfida di Pussy riot e delle Femen ucraine. E' infatti negli anni '90, per la Castellani, che il tatuaggio, da segno maledetto che rimanda a altri mondi ed esotismi diversi, trasmigra verso codici essenzialmente decorativi. Per questo il tatuaggio e le modifiche del corpo ''pongono una domanda radicale, riguardo a sé e quanto si possa intervenire, incidere, scalfire il proprio corpo. E che relazioni esistono tra un corpo naturale e l'identità. Quanto si possa spostare il confine tra ciò che si è avuto in sorte e ciò che si vuole? - scrive la Castellani - L'identità è qualcosa di stabile o, come la pelle, può essere modificata in base ai propri desideri e alle proprie scelte?''. Il problema è una sorta di ''ridefinizione di sé e delle proprie sembianze, per rimettere in discussione se stesi e la sfera pubblica in cui si vive''. In principio era il punk e gli Skinheads, specie quelli di destra, che esibivano fasci e simboli nazisti, poi, in pochi decenni, la questione diventa fenomeno di massa, ci si tatua il nome dell'amato, un cuore, un motto, ma anche un sacro cuore con le spine o una croce, un animaletto, un fiore, riferimenti alla famiglia e ai genitori, quando non si arriva, giocando sulla pelle come membrana di passaggio tra interiorità e esteriorità, a ampliarne la portata, magari arrivando a tutto il corpo.
    Scelta più forte e dirompente per le donne, come dimostra il documentario ''Covered'' di Yeun Thompson del 2010, dimostrando come la nostra storia possa anche essere scritta sulla nostra pelle .(ANSA).
   

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