Cultura

Luchini sindaco conservatore travolto dal gender fluid

Insieme a Catherine Frot protagonista di Un uomo felice

Redazione Ansa

Tra Fabrice Luchini e Catherine Frot si mette in mezzo l'arcobaleno dei generi ed è commedia. Da una parte appunto Jean (Luchini), tonico e sincopato sindaco di una cittadina francese alla vigilia delle elezioni del suo terzo mandato, e, dall'altra, la sua bella moglie Edith (Frot), con la quale ha avuto tre figli, che si trova in preda a una crisi di genere. Da sempre innamorata del marito, Edith ora non ce la fa più a nascondere il fatto che si sia sempre sentita un uomo e ora vuole diventarlo davvero, iniziando la transizione e frequentando un gruppo di sostegno.
    Certo Jean - in questa commedia dal titolo UN UOMO FELICE a firma di Tristan Séguéla e in sala con Teodora - questa cosa non la capisce proprio, ma si trova costretto ad accettarla specie dopo che la moglie gli ha promesso di aspettare le elezioni prima di fare coming out. Ma come accade sempre nelle commedie, e spesso nella vita vera, le cose non andranno come previsto e la coppia 'scoppierà' in piene elezioni comunali.
    Ma siamo sicuri che oggi il tema gender fluid sia davvero solo uno svantaggio nell'elettorato? UN UOMO FELICE insomma mostra come la realtà sia piena di sfumature e anche che l'amore, quando c'è davvero, sia più fluid di quanto si immagini.
    "Gli sceneggiatori Guy Laurent e Isabelle Lazard si sono ispirati per questo film alla storia di un loro amico che ha iniziato la transizione di genere all'età di cinquant'anni e ha fatto di tutto per preservare il suo matrimonio - dice Tristan Séguéla nelle sue note di regia -. So che si tratta di un argomento sensibile, ma la commedia resta uno strumento meraviglioso per affrontare temi caldi come questo, nella speranza di dimostrare che in realtà non dovrebbero esserlo. Fin dall'inizio del film, Jean riceve questa notizia sconcertante: come reagirà? Questa è la domanda che UN UOMO FELICE si pone di continuo, e, al di là delle apparenze, è Jean che dovrà mettersi in discussione, non Edith. Ed è ovviamente sempre di lui che ridiamo, mai con lui".
    E ancora il regista di CHIAMATE UN DOTTORE!: "Nelle scene in cui Edith si confronta con un gruppo di sostegno era importante per me che tutte le attrici e gli attori fossero persone transgender o non binarie. Abbiamo fatto provini a oltre cento persone, è stato un processo lungo, ma il risultato è speciale, è uno di quei momenti che amo molto in cui realtà e finzione si intrecciano. Nei miei film precedenti ho già raccontato le differenze generazionali e quelle sociali. Queste differenze creano scintille e attriti e sono un grande veicolo per ogni commedia. In Un uomo felice - conclude Séguéla - metto al centro per la prima volta una coppia, la cui sopravvivenza appare fin dall'inizio seriamente minacciata: ci chiediamo se finiranno comunque per invecchiare insieme o si separeranno e in questo senso il film appartiene alla lunga tradizione delle commedie di 'ri-matrimonio', come ne esistono tante nel cinema".
    (ANSA).
   

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