Cultura

Un Beautiful Boy pieno di droga

In sala il film di Van Groeningen, su una storia vera

Redazione Ansa

Il dato impressionante arriva ai titoli di coda di 'Beautiful Boy' di Felix Van Groeningen, film passato alla Festa di Roma e ora nelle sale, dal 13 giugno con 01, quando si legge che in America il 50% dei decessi prima dei cinquanta anni è dovuto a overdose da stupefacenti. E il film con Steve Carrell e Timothée Chalamet (il giovane protagonista di 'Chiamami col tuo nome' di Luca Guadagnino) parla appunto di droga, ma con un taglio del tutto particolare anche perché è tratto da due autobiografie, una scritta dal noto giornalista David Sheff e l'altra da suo figlio Nic Sheff.
    Insomma una storia vera quella di 'Beautiful Boy', che ci porta in un ambiente ricco e borghese, quello del giornalista freelance David (Carrel) che vive con il figlio diciottenne Nic (Chalamet) in una bella casa sulla Costa della California, insieme alla nuova compagna con la quale ha avuto due adorabili bambini.
    Nic mostra subito di essere un ragazzo particolare, ipersensibile: ama la cultura maledetta, la musica rock crepuscolare, cita Bukowski ed entra ben presto nel tunnel della droga. Dal fumo all'eroina fino alla cocaina e al crystal meth, la regina delle metanfetamine, droga perfetta e altamente dannosa. Da qui tutta la smodata passione di un padre progressista e per nulla bacchettone, come è David, nel curare a tutti i costi il figlio.
    Un padre che così studia gli effetti delle droghe di notte sul suo computer, interpella medici e che a un certo punto prova lui stesso la cocaina pur di trovare una strada per Nic.
    Tra fughe, soldi rubati, periodi di riabilitazione che non portano a nulla, Nic finisce anche in fin di vita in ospedale. A volte il ragazzo sembra risollevarsi, cerca di ritrovare l'affetto dei genitori e la loro comprensione, per poi cadere di nuovo come capita quasi sempre in questi casi.
    Il film, esordio in lingua inglese del regista belga Felix Van Groeningen, già autore di Alabama Monroe, calca, forse anche troppo, sull'alternarsi di speranza, redenzione e caduta da parte di questo ragazzo deluso dalla sua incapacità di essere normale e accettato dai genitori.
    All'ennesima delusione di Nic, anche l'ostinato padre animato di volontà salvifica verso un figlio troppo amato, deve cedere le armi. Inizia a rifiutarlo, gli chiude la porta.
    E qui, in una società contemporanea piena di tutto, arriva l'ultima spiaggia: un'associazione di genitori che hanno perso la battaglia contro la droga, che "non possono", che non ci sono riusciti. Una sorta di alcolisti anonimi che si confrontano su quello che è accaduto loro e che confessano in maniera liberatoria il fatto di aver mollato, che la droga ha vinto.
    (ANSA).
   

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