Cultura

Dolor y Gloria, l'autunno di Almodovar

In concorso a Cannes il film del regista spagnolo

Redazione Ansa

 (ANSA) CANNES 18 MAG - Si dice che andando avanti con l'età si recuperino i ricordi dell'infanzia mentre il presente diventa poco importante, cupo, un autunno. Vedendo "Dolor y Gloria" l'ultimo lavoro di Pedro Almodóvar, in concorso alla 72/ma edizione del Festival di Cannes, non si può non pensare che questo sia il suo lavoro più autobiografico, più intimo, in cui il regista spagnolo racconta, anche sulle note tristi di Chavela Vargas, il suo personalissimo spleen esistenziale diviso, come è, da un quotidiano stanco e da un vivido passato. Ma in questo film, in sala dal 17 maggio con la Warner Bros, c'è anche la chiara volontà di fare i conti con i suoi vecchi amori, con la sua infanzia, con sua madre e suo padre e, ovviamente, con la sua omosessualità. E, in questo caso, attraverso il ricordo della sua scoperta, avvenuta nella luce forte della sua povera casa quando lui, ragazzino talentuoso, assiste alle nudità di un giovane operaio, a cui dava lezioni di scrittura. Protagonista di 'Dolor y Gloria', un regista in crisi, Salvador Mallo, (interpretato dal suo alter ego Antonio Banderas), uno che si è chiuso in casa da quando ha visto spegnersi la sua creatività. Un uomo in preda all'acufene, a forti mal di testa, pieno di malanni, veri o immaginari e che, tra l'altro si dà da fare con l'eroina che ha scoperto da poco.
    Poi si passa alla sua infanzia negli anni '60 quando emigrò con i suoi genitori (la madre è Penelope Cruz) a Paterna, un comune situato nella provincia di Valencia, in cerca di fortuna.
    E ancora il suo primo amore da adulto nella Madrid degli anni '80; il dolore della rottura di questo amore e poi la creatività che non c'è più e che non si può comprare. Insomma l'impossibilità di scrivere e girare ancora.
    Attraverso il viaggio nel passato di Salvador Mallo/Almodovar qualcosa alla fine si salva, riaffiorano vecchi sentimenti, grandi amori e altrettanto forti delusioni, ma anche la lucidità di quello che si è perso e forse si può ricostruire. Molto bella la scena in cui la madre, vicino alla morte, spiega al figlio di come vorrà essere vestita quando sarà il momento. Di questo film, giustamente in corsa per una Palma d'oro che il regista spagnolo non ha mai ottenuto, ha detto Almodovar: "I ricordi servono a tenerti compagnia, a stare meno solo, ad accettare la vecchiaia che per Philip Roth, uno che la sapeva lunga, non era una malattia, ma un vero e proprio massacro".
   

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