Cultura

Krishna, indiano d'Emilia, tra Gange e Po

In Il Vegetariano. Regista, storia dura ma non priva di speranza

Redazione Ansa

Le acque del Gange, "madre di ciò che vive e si muove", e del Po, scandiscono Il vegetariano di Roberto San Pietro, viaggio intenso tra spiritualità, realismo, incontro e scontro di culture, mondi contadini che faticano a resistere. "Racconto una storia dura ma non priva di speranza" dice all'ANSA il regista. Realizzato con un cast quasi esclusivamente di non professionisti, Il vegetariano, prodotto e distribuito da Apapaja, sta girando l'Italia con un serie di proiezioni, accolte spesso da sold out. Tra le prossime tappe il debutto a Roma (al Quattro Fontane il 9, il 13 e il 14 maggio), poi il ritorno a Milano da dove è partito, e ancora fra le altre, Suzzara (Mn), Modena, Faenza e Brescia. Protagonista della storia è Krishna (Sukhpal Singh), indiano 24enne, figlio di un bramino, che da dieci anni ha trovato casa in Italia, dove lavora in un piccolo allevamento di bovini della Pianura Padana, in Emilia. Aperto agli altri quanto rigoroso nel rispetto dei propri valori, il ragazzo, profondamente religioso, si ritrova a pagare il conto per la sua incapacità di rinunciare a ciò che crede. Addetto alla mungitura delle vacche, animali sacri per gli indù, Krishna, si ribella a modo suo alla decisione del proprietario, in piena crisi, di vendere una delle mucche, perché improduttiva. L'unica persona da cui Krishna viene compreso a fondo è la ragazza russa di cui si innamora, Maria (Marta Tananyan) venuta in Italia per dare il cambio alla madre come badante di un'anziana signora: "A volte le persone che non vengono capite dagli altri si ritrovano fra loro" dice il regista. L'idea del film (girato in parte anche in India, per i flashback legati alla famiglia di Krishna), è nata "alcuni anni fa, quando su un quotidiano in cui si parlava di questa comunità indiana molto numerosa che viveva nella Pianura Padana impiegata per la maggiorparte nell'allevamento delle mucche da latte, e del rapporto degli indiani con questi animali verso cui avevano grande cura - spiega Roberto San Pietro, che torna a un lungometraggio dopo 15 anni dedicati a documentari sulle opere messe in scena alla Scala di Milano -. Si spiegava anche però come i metodi degli allevamenti intensivi potessero mettere a volte in crisi questi lavoratori. Avendo da sempre anche un grande amore per la filosofia indiana, mi è sembrata l'occasione di parlarne legandola a una realtà molto concreta. Così sono andato varie volte in Emilia, ho raccolto testimonianze, episodi e su quelli ho basato la storia". Normalmente "i film sull'integrazione mostrano contesti violenti, di periferie cittadine degradate dove lo scontro è al livello di rispetto della legalità. Questa situazione mi sembrava più interessante, perché non c'è un contesto di violenza ma l'incontro e scontro è legato a un valore culturale, il rispetto di Krishna per tutte le forme di vita, non solo quelle umane. Ci richiama alla necessità di una maggiore comprensione e rispetto reciproci". Il bisogno di avere come interpreti indiani che parlassero bene italiano e il taglio della storia "mi hanno portato a fare lunghi casting in tutte le comunità indiane. Abbiamo visto centinaia di persone, ed a volte sotto l'apparenza era difficile capire le potenzialità, perché spesso questi indiani giovani, un po' occidentalizzati, si presentavano con i capelli ossigenati o in altre maniere improbabili. Bisognava guardare sotto la superficie. E' stata anche quella una fase appassionante". Il film racconta anche la dura situazione che affrontano molti piccoli allevatori: "si rimane impressionati nel vedere come molte grandi fattorie nella Pianura Padana che una volta ospitavano centinaia di contadini, oggi abbiano uno o due indiani a fare tutto, vista la meccanizzazione della mungitura.
    E anche così gli allevatori fanno fatica, visto il ribasso incontrollabile dei prezzi". Il film non vuole lanciare messaggi "ma semplicemente suggerire l'idea che le culture degli immigrati, che spesso reputiamo arretrate, a volte offrano spunti di riflessione importanti anche per noi e la nostra realtà".
   

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