Cultura

Maestro, road movie della memoria

Storia di Francesco Lotoro che libera la musica dei lager

Redazione Ansa

In oltre 20 anni di attività instancabile, è riuscito a recuperare migliaia di spartiti, facendo risuonare tante melodie che tra il 1933 e il 1945 i prigionieri composero nei lager nazisti come un insopprimibile inno alla vita: è Francesco Lotoro, 52enne pianista e compositore di Barletta, il protagonista di Maestro, il film documentario di Alexander Valenti, coprodotto tra Italia e Francia e in uscita il 23 gennaio con Istituto Luce-Cinecittà in occasione del Giorno della Memoria.

"L'ingiustizia subita dal compositore non deve subirla la musica", dice Lotoro nel film: proprio con l'obiettivo di 'liberare' queste musiche, il musicista ha viaggiato in lungo e in largo, sempre sostenuto della moglie Grazia, alla ricerca di ogni partitura scritta nei campi di concentramento della Seconda Guerra Mondiale. Di trasferta in trasferta, ha incontrato i superstiti e i loro discendenti, in una febbrile e continua ripartenza verso ogni possibile nuova traccia. Dopo ogni ritrovamento, e dopo la necessaria trascrizione e interpretazione, il musicista ha fatto poi eseguire gli spartiti dalla sua Orchestra di Musica Concentrazionaria, a Roma e Los Angeles, New York e Milano, Dachau e Bruxelles, non solo per restituire la dignità alle vittime e combattere l'oblio, ma per dimostrare che nulla, nemmeno l'Olocausto, può spegnere la creatività e la vitalità dell'uomo.

Attraverso documenti e musiche d'epoca, e filmati di alcuni degli ultimi incontri di Lotoro con i sopravvissuti, il film, che per il Giorno della Memoria verrà proiettato anche in alcune scuole (oltre alle proiezioni ufficiali a Barletta e a Parigi), documenta questo archivio musicale unico al mondo per ampiezza, completezza e sistematicità, nato per dar vita alla prima enciclopedia di musica concentrazionaria. Il suo valore è inestimabile: non solo perché gli autori sono di tantissime nazionalità (donne e uomini ebrei, rom, prigionieri politici, soldati e ufficiali francesi, russi, polacchi, olandesi, belgi, inglesi italiani, e perfino militari americani bianchi e neri) e di tutti i campi di concentramento (anche dei gulag siberiani) ma perché essi si trovarono a scrivere gli spartiti su qualsiasi supporto, dai sacchi di juta alla carta igienica ai ritagli di stoffa. Molte di queste melodie sono giunte fino a noi soltanto perché impresse e poi custodite per anni nella memoria dei sopravvissuti, il cui numero è sempre più esiguo: per questo Lotoro è in guerra contro il tempo. Il film, un vero road movie della memoria, racconta la sua storia e il suo coraggio, le conquiste e le delusioni, a partire da quella prima composizione recuperata nel 1990, un pezzo del pianista ceco Gideon Klein. "La musica concentrazionaria deve tornare a essere normale, a scrostarsi dalla Shoah, a essere fischiettata sotto la doccia", afferma Lotoro durante la conferenza stampa a Roma, "l'uomo ha sempre sublimato i sentimenti con la musica. Il lager ha magari determinato le modalità ma è solo la filigrana di questa musica.

Solo a volte il campo emerge prepotentemente". "Prima del film avevo salvato 4000 spartiti, ora dopo 2 anni di lavorazione, siamo a oltre 8000 partiture e 12000 documenti, ma c'è da fare ancora molto", prosegue, "ci sono tanti viaggi da fare e alcuni sono più urgenti di altri: grazie al film ho dimostrato che se non avessi l'incubo dei problemi economici potrei fare molto di più". Per sostenere il lavoro di Lotoro, nel 2015 è nata Last Musik, una onlus registrata presso il governo italiano: l'ultimissima iniziativa è la campagna di crowdfunding in cui è possibile acquistare i chilometri di viaggio che separano il Maestro da nuovi spartiti. Tra i prossimi progetti sostenuti dalla onlus la nascita nel 2020 di una cittadella della musica concentrazionaria a Barletta e nel 2022 la pubblicazione dell'Enciclopedia musicale curata dal compositore.

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