Cultura

Toxic Jungle, road movie verso la droga sacra

In sala dal 6 luglio il film di Gianfranco Quattrini

Redazione Ansa

Tra Argentina e Perù, un viaggio psichedelico, pieno di luci, colori e rock anni Settanta, verso la magica Ayahuasca, la 'buona medicina' da prendere, guidati da uno Sciamano nel folto della Foresta Amazzonica. Si presenta così, nelle sale italiane dal 6 luglio in 25 copie distribuite dall'Istituto Luce 'Toxic Jungle', opera seconda di Gianfranco Quattrini, coproduzione Italia-Argentina-Perù. Un road movie pieno di malinconia con Diamond Santor (Roberto Granados), ormai sessantenne, e unico sopravvissuto dei Fratelli Santoro rock'n'roll band argentina (i 'Doors dei Tropici'), che si mette alla ricerca della sua pace interiore dopo la morte del fratello.
    Il film racconta, tra tanti flash back, l'educazione musicale dei piccoli fratelli Diamond e Nicky (Manuel Fanego), il primo 45 giri trasmesso in FM, il successo del primo disco, i concerti, le ragazze, e anche le prime esperienze psicotrope. La meteora dei Fratelli Santoro si interrompe però con la morte di Nicky, ma il mito di questo gruppo musicale tropicale non smette di perseguitare Diamond, che, 40 anni dopo, torna per intraprendere, senza più capelli lunghi e camicie a fiori, il viaggio interrotto del fratello nella foresta. E questo fino a Iquitos.
    Scritto da Leonel D'Agostino, Lucia Puenzo e Gianfranco Quattrini, e girato tra Argentina e Perù (Selva Amazzonica), dice il regista nato a Lima in Perù nel 1972, ma di origine italiana: ''La gente arriva a Iquitos da ogni parte del mondo per vivere l'esperienza del rito che ruota attorno all'Ayahuasca, una pianta sacra. Durante la cerimonia, i canti dello Sciamano rappresentano il veicolo per compiere un viaggio di esplorazione interiore che cancella i limiti tra realtà e allucinazione, tra la vita e la morte. Toxic Jungle - continua Quattrini - racconta la storia di due fratelli legati per sempre dalla musica. E costantemente alla ricerca del loro destino e della guarigione nel cuore della Selva Amazzonica''.
    Di questa sostanza il cui nome significa 'l'anima delle liane' (è infatti tratta da questa pianta):''ho fatto esperienza circa una decina di volte - dice -. Quando la bevi hai come una purificazione spirituale e fisica. Tiri fuori tutto quello che hai dentro, ma perdi anche il senso del tempo, ti gira la testa.
    L'Ayahuasca ti fa anche vedere spesso tutte le cose nelle quali hai sbagliato come in uno specchio. E' come un modo di pulire l'anima. Si può dire che con questa sostanza ci sono come dieci anni di psicanalisi in un bicchierino''.
    La mia, conclude il regista oggi a Roma, ''è in fondo una storia di guarigione che si svolge nel Sudamerica''.
    Una curiosità. Anche l'attore israeliano Raz Degan ha fatto un documentario su l'Ayahuasca dal titolo The Last Shaman con la storia di James che soffre di una clinica depressione. Nessuna cura riesce a guarirlo e così di andare in Amazzonia per partecipare a un rituale in cui si beve questa bevanda''.(ANSA).
   

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