Cultura

Morto Holer Togni, re degli stuntman e icona di un'epoca 

Nato nel 1946, diffuse spettacoli con automobili. Ai suoi show fino a un milione di spettatori all'anno

Redazione Ansa

Di piloti bravi ce ne sono tanti, ma "mio padre aveva qualcosa di più, era un animale da palco". Nelle parole della figlia Ledya c'è il motivo per il quale il nome di Holer Togni - il re degli stuntman, morto ieri a Milano -, per una generazione e più è stato sinonimo di guida spericolata. Quella che lui, nato nella celebre famiglia di circensi, ha importato dall'America a inizio anni '70, con il fratello Divier. Insieme hanno lasciato il circo e dato vita allo show itinerante "Stunt Cars", che ha poi girato Italia e Europa per oltre tre decenni, attirando fino a un milione di spettatori all'anno, dai grandi stadi all'autodromo di Monza, riproducendo dal vivo le spericolate imprese possibili solo al cinema. Numeri spettacolari come le due ruote su auto, camion e persino trattori, in spettacoli dal ritmo incessante, costruiti intorno a temi come il film Blues Brothers, il preferito del pilota. La fama è stata poi amplificata dalla televisione e persino dal cinema, con Togni e la sua sagoma inconfondibile dal cranio rasato protagonisti delle scene più acrobatiche su 4 ruote.

Icona popolare, i suoi show riempiono gli stadi e diventano il momento più atteso di grandi appuntamenti come il Motor Show di Bologna. In uno dei suoi spettacoli coinvolse perfino Gianni Agnelli, in un'evoluzione a bordo di una Fiat 131, convincendo l'imprenditore a diventare sponsor dei suoi show. Senza limiti a rischi e creatività, Togni nel 1995 entra nel Guinness dei Primati per aver guidato un tir inclinato su tre ruote. "Mio padre - dice la figlia - vuole essere ricordato per quello che ha fatto, ha continuato a lavorare fino all'ultimo perché era un uomo di spettacolo, ce l'aveva nel sangue. Ci sono pochi personaggi come lui, forse solo zio Darix, il domatore di tigri: loro erano i più carismatici della famiglia". Oltre al carisma, "mio padre era avanti in tutto, fu il primo a introdurre il pc nel circo, era molto curioso e aveva un grande talento con auto e camion". A livello personale, invece, "mi ha insegnato a vivere: oggi posso parlare e trovarmi di fronte a chiunque senza paura, perché so di cosa parlo. Stare con lui è stata una grande lezione di vita, papà mancherà tanto perché - sottolinea - è tanta roba". Lui, che era cresciuto acrobata, ai fan che dopo gli show si trovavano con motorini o apecar per tentare di fare il numero su due ruote diceva sempre che "per fare certe cose non c'è bisogno di spavalderia ma di testa, devi avere coraggio ma soprattutto - conclude la figlia Ledya - devi essere tanto lucido"..

 

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