Cultura

De Raho, il traffico di droga è un problema del mondo

Narcotica dal 17 luglio su Rai3 racconta rotte del narcotraffico

Il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho

Redazione Ansa

ROMA - Il traffico di droga "viene visto come un problema dei singoli Stati, invece va affrontato come un problema che appartiene a tutto il mondo. E' l'unico modo per combatterlo e restituire dignità alle persone". Lo dice il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho alla presentazione in Rai di Narcotica, viaggio in cinque puntate realizzato da Valerio Cataldi, e prodotto da Tg3 e Rai3 (dove debutterà dal 17 luglio in seconda serata), sulle rotte del narcotraffico, dalla Colombia alla Calabria, dal Messico all'Albania.

"La Rai ha realizzato un lavoro importante e bello, insegnare e documentare cosa c'è dietro il traffico di sostanze stupefacenti vuol dire accrescere la consapevolezza nelle persone sull'importanza di respingerlo e contrastarlo, ognuno nel proprio ruolo" aggiunge Cafiero De Raho. Il pubblico avrà come guide nel percorso del programma, e nel racconto delle indagini che hanno scoperto gli affari della 'ndrangheta, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e i suoi uomini. "Narcotica è un nuovo titolo realizzato in concerto con il Tg3 e nasce da idea del direttore della testata, Giuseppina Paterniti, con cui cerchiamo di lavorare insieme per continuare ad ampliare il laboratorio di idee nate in casa - spiega il direttore di Rai3 Stefano Coletta -. Si esplora il narcotraffico attraverso vittime, colpevoli, ma anche tanti eroi comuni che combattono il dominio della 'ndrangheta. 'Narcotica' è un lavoro di grande rigore documentale, ma c'è anche una componente action. Il racconto procede come una piccola miniserie". E' "una sfida, attraverso un nuovo linguaggio - aggiunge il direttore del Tg3 Giuseppina Paterniti - che trascende quelli classici di fiction e docu".

Un passo avanti "nella volontà di sperimentare, anche al Tg3". Tra gli incontri nella docuserie c'è quello con il prete colombiano, arrivato in Italia nel 1993, don Rito Alvarez che attraverso la sua fondazione Oasis de amor y paz ha aiutato centinaia di bambini del suo Paese, 'arruolati' dai trafficanti come raccoglitori di foglie di coca, a costruirsi una vita diversa: "Quando chiedo loro cosa vogliono fare, mi rispondono tutti 'voglio studiare'. Una ragazzina che è riuscita ad andare a scuola mi ha raccontato che l'unico modo che aveva avuto per comprare i libri era prostituirsi. Nel mio Paese ci sono bambine costrette a partorire a 11 anni e gli uomini di potere se fregano di queste situazioni. E' importante questo programma, perché dà anche speranza e ricorda a tutti che quei bambini hanno il diritto a diventare grandi". Il narcotraffico non viene visto attraverso l'immagine 'romantica' che a volte passa nei media, "siamo andati a respirare sudore, sangue e morte che ci sono dietro" dice Cataldi. E' stato possibile visitare alcune zone ad alto rischio di Colombia e Messico grazie all'aiuto di persone che le conoscono bene, come Don Rito Alvarez, ma non sono mancati i momenti di paura: "In Messico ci siamo ritrovati a un posto di blocco fatto con un albero di traverso dove dieci uomini armati e con i volti coperti,ci hanno sequestrato per qualche ora. La situazione si è risolta grazie alla mediazione della persona che era con noi. Abbiamo capito che non erano trafficanti, ma contadini, che avevano deciso di organizzarsi come milizia armata per proteggere i loro territori".

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