Cultura

Broadchurch

La serie ideata da Chris Chibnall (GB, 2013, 2 stagioni)

Broadchurch

Redazione Ansa

Se il giallo ad enigma, nella sua più trita convenzione, racconta di efferati assassini compiuti nella campagna inglese, Broadchurch, che sin dalle prime inquadrature ci sfida a interrogarci con “Chi è stato?” (espressione che in inglese designa esattamente questo genere: whodunit), si apre con una sorta di invocazione alla musa; una campagna di verde brillante precipita nell’abisso di una scogliera, ai piedi della quale c’è il cadavere di un bambino. A condurre l’indagine, che finirà per investire senza protezione la loro vita, David Tennant e Olivia Colman, una strana coppia mal assortita, fino all’avversione reciproca, di ottimi attori, destinata a passare al setaccio l’intera cittadina per trovare il colpevole: come in tutti i gialli che si rispettano, non c’è nessun personaggio che, in una determinata fase, non possa rivestire il ruolo del sospetto ma la forza del dispositivo del thriller è ulteriormente aumentata da un caso precedente, cui è legato il personaggio di Tennant, che si sovrappone, con una svolta sorprendente, con l’intreccio della seconda stagione.

Sullo sfondo di un mondo fatto di panorami sconfinati, infinita solitudine e rumorosa disperazione che alberga in buona parte dei protagonisti, la serie trasmette anche la non confortevole sensazione di una intera società di adulti incapaci di rapportarsi all’infanzia senza gravi errori o sospette attenzioni. E’ come se la serie, mentre ingaggia con noi il gioco del poliziesco effettuato con precisione ed efficacia, raccontasse qualcos’altro di più oscuro e inconfessabile perché riesce “sia a guidare la tensione con un lavoro di fine abilità sia a esplorare il riverbero emotivo di dolore, perdita e smarrimento morale” (“Huffington Post”)

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