Cultura

Lunetta Savino, La madre di Zeller come tante di noi

A teatro, poi sul set di Studio Battaglia. "Il cinema ha poco coraggio"

Redazione Ansa

ROMA - Una donna sola davanti allo specchio della propria vita. Una moglie tradita. Soprattutto, una madre che si ritrova senza ruolo, isolata da un ménage familiare che l'ha espulsa. Dopo il successo de Le indagini di Lolita Lobosco e in attesa del ritorno, sempre su Rai1, delle avvocate dello Studio Battaglia, "sul set dopo Pasqua", Lunetta Savino torna in teatro, protagonista de "La madre" di Florian Zeller, spettacolo diretto da Marcello Cotugno, al Quirino Gassman di Roma dal 14 al 26 marzo e poi in tournée con tappe anche a Spoleto, Trieste, Bassano Del Grappa, Catania, Faenza. La pièce segnò nel 2010 l'inizio della fortunata trilogia sulla famiglia del drammaturgo e regista francese, di cui in palcoscenico in Italia abbiamo già visto "Il padre" (al cinema, Oscar alla sceneggiatura per Zeller con la pellicola interpretata da Anthony Hopkins) e "Il figlio", per la regia di Piero Maccarinelli. "La madre - racconta all'ANSA Savino - è una black comedy scritta come un orologio, come tutte le pièce di Zeller, sul tema dell'amore materno e sulle possibili derive patologiche cui può condurre".

La protagonista, Anna, è ossessionata da una realtà multipla in cui tutto si sdoppia creando un'illusione di autenticità costante in tutti i piani narrativi. La partenza del figlio, ormai adulto, diventa un vero e proprio tradimento, come l'abbandono del nido, cui si aggiunge la decadenza dell'amore coniugale. Ma la responsabilità di questa solitudine non sta forse anche nell'aver rinunciato alla vita? Abdicare ai sogni e ai desideri unicamente per dedicarsi al proprio unico figlio maschio, non porta pericolosamente verso la disperazione? "Anna mi rimanda a personaggi dalla vitalità compressa come Una moglie di Cassavetes", prosegue l'attrice, affiancata in scena da Andrea Renzi, Niccolò Ferrero, Chiarastella Sorrentino.

"Anche nella vita le donne a volte dimenticano chi sono - dice - Chi non si è realizzata al di fuori della famiglia e ha puntato solo su quella, una volta che i figli sono grandi, all'improvviso si ritrova senza più un ruolo e crolla tutto. Anna nello spettacolo continua, ossessivamente, ad apparecchiare la tavola, come se quello del mangiare insieme fosse l'unico momento felice della sua vita, che ora non c'è più. Me ne accorgo anche la sera a teatro, quando dopo lo spettacolo molte mi guardano complici, come per dire: 'Io ne so qualcosa'. E non sai mai - sorride - se è perché sono come questa madre o perché invece hanno subito di tutto dalla suocera. Io? - ride - Ho avuto un solo figlio e maschio e avrò compiuto i miei errori: sarò stata rompiscatole, molto mamma del sud. Ma quando è uscito di casa ero contenta". Ma dalla Medea al Teatro Greco di Siracusa alla Felicia Impastato della tv e poi, sempre nella fiction, la Nunzia di Lolita o l'agguerrita Marina dello Studio legale Battaglia, di madri Lunetta Savino ne ha interpretate molte e molto diverse. "E' un gran divertimento - racconta lei -. Ma se penso ai personaggi delle mie colleghe anglosassoni, le donne della mia età non sono raccontate nel cinema italiano. Ho avuto la fortuna di interpretare Rosa nel film opera prima di Katja Colja: una madre che ha perso la figlia e che riesce piano piano a ritrovare se stessa e anche il piacere sessuale. Ma poi? Certi temi, come l'intimità di una donna della mia età, non esistono proprio. La tv in questo oggi è più coraggiosa. Penso a Nunzia, la mamma di Lolita, di cui stanno scrivendo la prossima stagione: dopo tanti anni dalla morte del marito si è rimessa in gioco. Mi piace pensare - sorride - sia stata di incoraggiamento per tante donne vedove, che pensavano che ormai per loro la vita sentimentale fosse finita. E invece, guardando Nunzia e Trifone insieme, hanno capito che non lo è affatto".

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