Cultura

Celestini, i teatri trattati come le aziende che inquinano

Solidale con occupanti Globe, serve cronoprogramma per riaprire

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 14 APR - Tra il pubblico alla conferenza stampa degli occupanti del Globe Theatre a Roma, c'era anche Ascanio Celestini per offrire la sua solidarietà ai rappresentanti della rete di associazioni di lavoratori e lavoratrici dello spettacolo che hanno portato aventi l'azione.
    "A titolo personale, ritengo che i teatri non dovessero essere chiusi a ottobre, ma dovessero essere tenuti aperti in sicurezza - spiega all'ANSA dopo l'incontro -. Ci si è occupati dei teatri come delle aziende che inquinano e che non è possibile mettere a norma. Non si è fatto il lavoro che serviva e quindi ci ritroveremo a riaprire questi spazi con tutti i problemi che c'erano prima, più quelli che si sono aggravati nel corso del tempo". Gli occupanti al Globe hanno sottolineato di volere le riaperture solo quando si potrà garantire per gli addetti anche la sicurezza economica con una riforma di settore: "Oggi la riapertura, per quanto sacrosanta, potrebbe essere anche dannosa perché al primo contagio direbbero tutti subito che avevano fatto bene a tenere chiuso. Partirebbe un discorso tossico che sarebbe molto dannoso - commenta l'attore e regista -. Ci hanno spinto politicamente in un vicolo cieco". Intanto Celestini sta lavorando per portare un suo spettacolo in Svezia. "Non è vero che lì non ci sono controlli, ci sono limitazioni molto rigide sul numero di persone". Qui si dà un sussidio "alle persone per tenerle a casa, si potrebbero investire gli stessi soldi per far ripartire i teatri in sicurezza". Per riaprire "serve un cronoprogramma, dare una data lavorando seriamente per le riaperture e non fissare solo un tot giorno e dire 'ognuno faccia come vuole e come può".
    Tra le richieste dei lavoratori dello spettacolo c'è anche la creazione di un reddito di continuità: "E' fondamentale, ma è possibile solo se prima si fa una mappatura di ciò che succede nel settore in Italia. il piano regolatore culturale in questo Paese non esiste ed è ciò che andrebbe fatto oggi". (ANSA).
   

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