(di Paolo Petroni)
(ANSA) - ROMA, 11 OTT - LUIS SEPULVEDA ''TUTTI I ROMANZI''
(GUANDA, pp. 680 - 24,00 euro - Traduzioni di Ilde Carmignani) -
L'impegno e al disillusione ma non l'arrendersi e comunque
l'ipotetica possibilità che qualcosa cambi sono il tema di fondo
dei romanzi della maturità di Luis Sepulveda, come si avverte
potendo ora leggerli uno di seguito all'altro in questo volume
che li raccoglie tutti con una introduzione di Ranieri Polese,
da ''Un nome da torero'' a ''La fine della storia''.
Titolo emblematico quest'ultimo e quasi didascalico proprio
del sentire che un certo periodo storico, ma anche esistenziale
per l'autore e i suoi personaggi, stia finalmente finendo, così
che magari ci possa essere un cambiamento anche se i segnali non
sono incoraggianti. ''Ho avuto il privilegio di conoscere la
fine di un'epoca e la sua razionalizzazione è stata molto lunga
- disse una volta - ma quando poi ci si arriva, ecco che pare
più chiaro il presente, le sue radici e si può cominciare a
progettare il futuro''.
Sepulveda (1949 - 2020) era uno che la sua vita la aveva
vissuta intensamente, con passione, mettendoci il cuore e poi
guardandola con la ragione, impegnato a cercar, se non di
cambiare, di sostenere e combattere perché il peggio non
riuscisse sempre a vincere e farla franca. E così i suoi romanzi
e i suoi racconti finiscono per essere tutti racconti d'amore,
non semplicemente dell'amore tra due esseri viventi, ma
dell'amore per l'uomo, per il dolore e la difficoltà, ma anche
la necessità, della sua esistenza, la sua fedeltà a un'idea e un
sentimento cui restare fedeli per anni anche se si rivelano
impossibili, sull'onda di una nostalgia struggente
nell'inevitabile corsa di ognuno verso la fine della storia.
L'amore, insomma, è quello di Sepulveda per il suo paese, il
Cile, per la dignità e la libertà di ognuno, in ultima analisi
per la letteratura, veicolo, testimonianza, grido per affermare
tutto questo.
Non a caso la sua letteratura è di origine affabulatoria,
legata all'antica tradizione del raccontarsi storie davanti al
fuoco, appresa vivendo un periodo nella foresta con gli indios
shuar. Il suo più grande e primo successo internazionale ''Il
vecchio che leggeva romanzi d'amore'', ricorda in una dedica a
Miguel Tzenke che proprio questo sindaco di un paese
dell'Amazzonia ''in una notte di racconti traboccanti di magia
mi rivelò alcuni particolari del suo sconosciuto mondo verde,
gli stessi che in seguito, entro confini lontani dall'eden
equatoriale, mi sarebbero serviti per costruire questa storia''
che, prima di arrivare sulla carta, per dieci anni, aveva
raccontato a se stesso e a alcuni amici, fra cui Chico Mendes,
divenuto simbolo della difesa dell'Amazzonia dallo sfruttamento
e le speculazioni distruttive, e per questo poi assassinato su
mandato di ''criminali che hanno abiti ben tagliati e unghie
curate e dicono di agire in nome del progresso''.
Impegnato quindi nella lotta per salvare quel che resta della
natura di cui il mondo ha bisogno, tra i fondatori non a caso di
Greenpeace, Sepulveda è stato anche a vent'anni in Bolivia
accanto ai guerriglieri sopravvissuti alla morte del Che
Guevara, poi ha collaborato col governo di Unità Popolare di
Salvator Allende e dopo la sua drammatica fine imprigionato,
torturato e alla fine, nel 1976 espulso dal suo paese (riavrà la
cittadinanza cilena solo nel 2017). Così spiegava ''dopo
dittature come quella di Pinochet o di Videla, che lasciarono
solo testimonianze ufficiali, censurate, dei loro anni, noi
scrittori ci ritrovammo con la responsabilità di raccontare quel
mondo, quel che era accaduto, anche nelle opere più di finzione
romanzesca, sentendo il dovere di salvaguardare la memoria della
nostra società, della nostra gente'', sentendosi in questo
''molto diversi'' dagli scrittori della generazione precedente,
i grandi nomi del Boom della letteratura sudamericana, da
Marquez a Donoso, da Cortazar a Vargas LLosa (''Il più grande
scrittore dell'America latina, ma politicamente un disastro''
diceva, come riferisce Polese) che usavano la realtà come un
aneddoto in libri d'invenzione''.
Le sue invenzioni invece servono a dare valore emblematico e
coinvolgente al racconto della realtà che è alla base delle sue
storie, e ''se alcuni personaggi ricordano l'autore e le sue
esperienze è perché Sepulveda ha scoperto che la sua storia è la
storia di una generazione - come sottolinea Ranieri Polese - Più
volte dice che non è per un artificio narrativo, se lui stesso
ha vissuto gli anni delle speranze e poi la lunga stagione della
sconfitta. Che conosce bene le disillusioni e i tradimenti
perché sa che per quelli come lui, che si sono trovati a vivere
nella seconda parte del Novecento, l'ombra del passato che non
passa non è il frutto di una nevrosi, è in realtà il prodotto
della storia''. (ANSA).
Sepulveda, scrivere e non arrendersi
Storie che facciano capire la realtà per vincere la disillusione