Cultura

Faro dell'Antitrust su Meta, possibile abuso contro Siae

Garante apre un'istruttoria. Nastasi, ora al tavolo ad armi pari

Redazione Ansa

Alla vigilia del tavolo convocato dal governo per far riaprire la trattativa tra Meta e Siae sulla questione della musica sui social, anche l'Antitrust scende in campo annunciando l'apertura di un'istruttoria nei confronti della società di Mark Zuckerberg per accertare, in sostanza, che non abbia approfittato del potere della sua forza contrattuale nella trattativa con la società di collecting.
    Il procedimento aperto, corredato anche da un procedimento cautelare, riguarda infatti il "presunto abuso di dipendenza economica nella negoziazione con Siae della stipula della licenza d'uso, sulle proprie piattaforme, dei diritti musicali".
    Secondo l'Autorità la società di Menlo Park potrebbe aver "indebitamente" interrotto le trattative per la stipula della licenza d'uso, sulle proprie piattaforme, dei diritti musicali abusando della dipendenza economica di Siae.
    "Siamo pronti a collaborare per rispondere alle richieste dell'Autorità" risponde Meta che tramite un suo portavoce assicura che da parte sua "tutelare i diritti d'autore di compositori e artisti è una priorità assoluta".
    Per questo, aggiunge Meta, "rimaniamo impegnati nel raggiungere un accordo con Siae che soddisfi tutte le parti".
    Ma è soprattutto la Siae che già canta vittoria: "Siamo pienamente soddisfatti perché l'Autorità ha condiviso le nostre posizioni e ha valutato quale indebita l'interruzione della trattativa da parte di Meta" esulta il presidente della società, Salvatore Nastasi. L'intervento del Garante della concorrenza gli consente infatti di tornare a sedersi al tavolo della trattativa e "confrontarci ad armi pari con il colosso americano".
    Siae arriva quindi la tavolo convocato al Ministero della Cultura dalla sottosegretaria Lucia Borgonzoni forte dell'intervento di ben due autority, visto che anche l'Agcom, il garante delle comunicazioni, ha aperto un dossier sui fatti, e dell'interessamento del Parlamento che nei giorni scorso ha convocato le parti in causa per fare luce sulla vicenda.
    Ma la questione, oltre ad interessare artisti ed editori e follower dei social, ha aperto un vaso di Pandora. I discografici dell'Afi, la Confindustria del settore, ora chiama in causa anche la Rai: "dal gennaio la Rai è ufficialmente un'emittente di Stato 'pirata' senza contratto con l'industria discografica che, contrariamente a Meta che ha dovuto togliere dalle piattaforme i brani Siae in virtù del mancato accordo, continua indisturbata a utilizzare i contenuti musicali violando i diritti degli autori, degli artisti e dei produttori". E anche le altre società di collecting si sono fatte avanti per dire la loro. "Con la rottura tra Siae e Meta, il web si è scatenato soprattutto contro quest'ultimo", ma "la questione è più complessa di come appare, serve comprendere le dinamiche provando a mettersi dalla parte di Meta" sostiene Rehegoo Music Group, il music service provider che opera senza licenze e e grande fornitore di musica indipendente di Spotify.
    "Senza musicisti e senza musica non esisterebbero le collecting, senza le collecting i musicisti non riceverebbero la giusta tutela: è necessario trovare un compromesso, soprattutto - afferma Rehegoo - se si considera che Meta è una piattaforma dove gira tantissima musica". E ha chiesto una rapida ricomposizione della rottura anche il Coordinamento Indies che raduna i 260 piccoli editori e produttori di AudioCoop, gli oltre 600 artisti e autori della Artisti Italiani Associati e gli oltre 100 festival e contest della Rete dei Festival. Il coordinamento si dice preoccupato per due fatti, non collegati tra di loro ma contemporanei: mentre Meta cancella la musica italiana dalle sue piattaforme, la musica italiana perde il podio della classifica in Italia che deteneva da tantissimo tempo. Insomma se le parti non si sbrigano a trovare un'intesa, i consumatori italiani potrebbero iniziare a rivolgersi alle produzioni estere "con grande vantaggio dei big stranieri delle major multinazionali".

Leggi l'articolo completo su ANSA.it