Cultura

Opera Roma, apre Faust di Michieletto-Gatti

La damnation di Berlioz al debutto il 12/12

Redazione Ansa

(ANSA) - ''La scena e' bianca, simbolica, ma contemporanea''. Con ''un giovane uomo che non ce la fa ad affrontare la vita e salvarsi''. Cosi' Damiano Michieletto, ormai star europea della regia, torna al lavoro per l'Opera di Roma, dopo Il viaggio a Reims di Rossini, firmando il nuovo allestimento de ''La damnation di Faust'' di Hector Berlioz, che con il maestro Daniele Gatti sul podio il 12 dicembre aprira' ''coraggiosamente'' la stagione lirica 2017-2018. In tutto, cinque repliche fino al 23, con la prima in diretta su Rai Radio3 e alle 21.15 su Rai5. ''Un'apertura che e' quasi un rischio per un teatro d'opera, perche' La Damnation e' tutto tranne che un'opera romantica'', ammette il Sovrintendente Carlo Fuortes. Lo stesso Berlioz, ricorda, ''la chiamava una leggenda drammatica in quattro atti''. E forse non e' un caso, con quella sua partitura inattesa, come spiega Gatti, e le scene drammaturgicamente slegate, se mancava dal cartellone del Costanzi da oltre 60 anni, sin dalla versione diretta da Franco Capuana con la regia di Herbert Graf. ''Abbiamo voluto correre il rischio - prosegue Fuortes con il direttore artistico Alessio Vlad - e intorno a La Damnation abbiamo costruito un progetto. E' un po' la bandiera del'intera stagione''. Coprodotta con il Regio di Torino e il Palau de Les Arts Reina Sofia di Valencia, la nuova messa in scena avra' un cast unico: Pavel Cernoch nei panni di Faust, Alex Esposito in quelli di Mefistofele, Veronica Simeoni-Marguerite e Goran Juric-Branden. Soprattutto avra' la cifra di Michieletto, che come gia' per Il viaggio a Reims (''la collaborazione proseguira' ancora per due anni'', dice Fuortes), nel ''pieno rispetto il testo e musica'', immagina pero' la ''sua'' Damnation. Rileggendola all'insegna dell'amore, quasi un Romeo e Giulietta sotto l'ala infausta di Mefistofele. ''E' un'opera ricchissima e piena di trabocchetti, a partire proprio dalla struttura drammaturgica - racconta il regista - Ho costruito un racconto a episodi, come fossero tappe della vita di Faust verso l'autodistruzione. Ognuno con un titolo, come L'incanto, quando il protagonista vede per la prima volta Marguerite. Faust per me e' un giovane uomo che si porta dietro fragilita' e sofferenze tipiche di chi non ha raggiunto ancora la maturita'. come Amleto: in fondo, quanti anni ha Amleto? un ragazzo...''. E allora in scena, ecco per la prima volta i suoi genitori, l'infanzia, la nascita dell'amore e l'irruzione di Mefistofele. Su di lui Berlioz aveva investito piu' di tutti. Michieletto lo porta in scena anche con telecamere leggerissime ''che restituiscono allo spettatore il suo sguardo, quasi fosse lui il regista dietro ogni cosa. La dannazione di Faust? E' l'autodistruzione - riflette - Mi sono documentato sulle dinamiche per cui oggi un ragazzo arriva a suicidarsi. C'e' la solitudine, il senso di inadeguatezza. Faust e' incapace di trovare il suo posto nel mondo. Ancora, come Amleto''. E allora la scena della marcia ungherese diventa anche teatro di bullismo. ''L'amore sarebbe la chiave di salvezza, ma non si riesce a risolvere, per poco''. Marguerite ne uscira' ''sconfitta ma consapevole di aver lottato fino all'ultimo''. Finale affidato al Coro, ''completamente diverso da qualunque versione abbiate visto''.

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