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Un mondo alla deriva, l'indignazione in versi di Nicola Vacca

Il 'Libro delle bestemmie' pubblicato da Marco Saya edizioni

Cover Libro delle bestemmie

Redazione Ansa

NICOLA VACCA, 'LIBRO DELLE BESTEMMIE' (MARCO SAYA EDIZIONI, PP 96, EURO 15). "Scrivere significa scavare nella realtà", "equivale a guardare in faccia il vuoto". È quanto scriveva Nicola Vacca nelle sue "Lettere a Cioran". Ed è proprio ispirandosi - anche - al suo amato Emil Cioran che Nicola Vacca (poeta, critico e saggista pugliese e di adozione campana) torna per proporre il suo "Libro delle bestemmie", per la casa editrice milanese Marco Saya Edizioni. Un breviario laico ed eretico, una raccolta di poesia civile che si scaglia soprattutto contro il consumismo e il conformismo, contro "i devoti che indossano il divino come paracadute", contro gli uomini ignavi che "hanno paura della libertà", tutti quegli uomini che rappresentano il male del mondo. E quindi "sia benedetta la nostra estinzione / su questo campo di battaglia / dove il sangue chiama altro sangue". Quella estinzione messa in scena in passato da Guido Morselli in 'Dissipatio H.G.' e ancor prima da Giacomo Leopardi nel 'Dialogo di un folletto e di uno gnomo', due autori che hanno immaginato un pianeta rifiorito proprio grazie all'estinzione dell'umanità.
    Perché, come scriveva Cioran ('L'inconveniente di essere nato'), è proprio "permettendo l'uomo" che "la natura ha commesso un attentato contro se stessa".
    Alcune poesie di Vacca possono suonare "blasfeme", come sostiene nella postfazione Vincenzo Fiore, eppure non lo sono, nonostante possano disturbare i credenti più ortodossi. E comunque "un uomo libero - già avvertiva Vacca ai tempi delle "Lettere a Cioran" - "è sempre di disturbo alla società". Il "Libro delle bestemmie" è la ricerca di "uno spiraglio / nella crepa dell'esistere", un "gesto urgente in una rivolta" che lo stesso poeta definisce "senza senso", è un'invettiva contro i "servi ciechi della parola di dio" che in realtà sono servi che non vogliono pensare, "nati solo per servire" e che "moriranno servi / dopo una vita trascorsa a servire".
    Poesia, sottolinea l'editore, "come urgenza per indignarsi nei confronti della deriva del mondo". Secondo Vacca, "questo mondo è sporco / perché esistono gli uomini / che hanno paura di vivere / e si sono inventati un dio / per essere vigliacchi con le loro miserie". Alla fine, la colpa del male che imperversa nel mondo è dunque degli uomini, un'assoluzione per quel dio che per il poeta non esiste. La stessa conclusione a cui giunsero Nietzsche in 'Ecce homo' ("Dio è una scortesia contro noi pensatori") e Schopenhauer in 'L'arte di insultare': "Se un dio ha fatto questo mondo, non vorrei essere quel dio: la miseria del mondo mi spezzerebbe il cuore". (ANSA).
   

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