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'Chimere nostre, il primo romanzo di Isabella Caracciolo

L'ossessione di Torquato Tasso e un attore di teatro

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 11 MAR - ISABELLA CARACCIOLO, CHIMERE NOSTRE (DEI MERANGOLI EDITRICE, PP 426, EURO 18).
    Filippo, attore di teatro ossessionato dalla figura di Torquato Tasso, è convinto che il 3 marzo 1999, giorno del suo trentatreesimo compleanno, sia la data di una svolta. Considera quella combinazione numerica, 3-3-99-33, una profezia per lui. E invece proprio in quel fatidico anniversario le sue certezze cominceranno a vacillare. Indaga il confine tra follia e arte, realtà e teatro Isabella Caracciolo nel suo primo romanzo, 'Chimere nostre' pubblicato da Dei Merangoli, con un'ampia prefazione di Filippo La Porta e la postfazione di Mario Del Villano, psicoterapeuta e psichiatra. Originaria di Pisa dove è nata nel 1963, la Caracciolo si è trasferita a Roma nel 1970 dove si è laureata in Letteratura Italiana con una tesi su Tommaso Landolfi al quale ha dedicato due saggi e dal 2011 vive e lavora in Francia.
    Nel suo romanzo d'esordio, in cui costruisce una sorta di racconto nel racconto, ripercorre il viaggio nella psiche e nell'animo di Filippo che arriva a identificarsi con Torquato Tasso in modo sempre più radicale e doloroso. Il libro alterna capitoli in prima persona, che scandagliano la vita del protagonista, a capitoli in cui la vita di Torquato viene "messa in scena" come un dramma teatrale.
    Anche i Tarocchi avevano confermato che la personalità di Filippo si stava trasformando, come in un processo alchemico.
    Tasso lo attraeva da sempre per la bellezza struggente delle sue opere, ma anche per la sua vita segnata dal disturbo bipolare. E proprio in quel 3 marzo 1999 la sua vita inizia a intrecciarsi sempre più strettamente con quella del suo Torquato come testimoniava un diario con "ori e orrori". Vent'anni dopo, quel diario e gli Atti teatrali sul Tasso saranno per Filippo l'occasione per riflettere su se stesso e sulle ingannevoli chimere partorite da una malattia che, per paradosso, ottenebra la mente anche per mezzo di una luce abbagliante e le cui vie si confondono spesso con quelle del misticismo e dell'arte. (ANSA).
   

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