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Safran Foer: "La tragedia in Israele rende il resto banale"

"Non ha senso schierarsi, dobbiamo essere civili ed empatici"

Redazione Ansa

"Quello che sta accadendo in Medio Oriente toglie le parole anche a chi in genere ha un eloquio molto fluente come potremmo essere noi scrittori, e rende banale ogni altro argomento, anche universale e fondante come il cambiamento climatico, al quale io dedico generalmente molta attenzione. Ma anche se questo è un momento terribile, crudele, quasi al di là di ogni immaginazione, voglio essere positivo e dire che verrà trovata una soluzione. Quando si arriva al punto massimo di una catastrofe, e ci stiamo avvicinando, si comincia a risalire. Lo so, è atroce, ma credo sia così". Con queste parole lo scrittore ebreo americano Jonathan Safran Foer, oggi a Monforte d'Alba (Cuneo) per ricevere il Premio Speciale Lattes Grinzane promosso dalla Fondazione Bottari Lattes, ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano una riflessione sulla tragedia in corso in Israele.
    "Il mondo ha un drammatico bisogno di compassione, come ci ha indicato più volte anche Papa Francesco - ha detto Safran Foer, autore di libri amatissimi come 'Ogni cosa è illuminata' e 'Molto forte, incredibilmente vicino' e anche di testi sui diritti degli animali e sull'ambiente - non credo abbia senso schierarsi in questo momento contro Hamas o contro il governo israeliano. È inutile e fin troppo facile. Dobbiamo stare dalla parte di entrambi quei popoli, ovvero dalla parte della civiltà, dobbiamo essere civili ed empatici. Il mondo manca di empatia, questa è l'unica strada per il futuro. E l'empatia non conosce l'esclusiva. Se mi dichiaro ottimista è perché penso che il 99% delle persone abbiano in loro la bontà, i cattivi sono pochi".
    Per la due giorni di eventi intorno alla cerimonia di premiazione del Premio letterario, a Monforte d'Alba, sulle colline delle Langhe, sede della Fondazione Bottari Lattes, Jonathan Safran Foer aveva preparato una lectio magistralis sulle nuove tecnologie che si stanno mangiando tutti gli sforzi intellettuali, intellettivi ed economici a fronte di un'umanità 'limitata' e non ancora cosciente del processo in corso.
    "Il tema è centrale per me - ha detto oggi - ma certamente, se l'avessi preparata in questi giorni così tragici e dannati, avrei sottolineato altri aspetti. È una questione di tempo, di urgenze, come sempre. Oggi tutto corre ad una velocità supersonica. Io comunque credo molto nella responsabilità e nel risveglio individuale. Che da solo non basta, ma fa molto. Le persone devono reagire, essere empatiche. Obama spesso citava Martin Luther King quando diceva che il pendolo va comunque vero la giustizia. Anche Papa Francesco ha recentemente sottolineato l'importanza dell'azione individuale. Che può sembrare di portata limitata, ma in realtà è contagiosa, può fare comunità e quindi portare la politica, che della comunità cerca il consenso, a farsi carico delle istanze in discussione".
    Secondo Safran Foer "tutti dovremmo cecare di ricongiungerci con il nostro io bambino quando i nostri genitori, gli adulti si curavano di noi. Per recuperare quella necessità di cura universale". "Un giorno ero in aereo con la mia compagna e con il mio bambino piccolo - ha raccontato lo scrittore - e guardando mio figlio e l'aereo pieno ho pensato che tutte quelle persone erano state bebè ed erano state curate da qualcuno.
    Ecco, credo che occorra ricordarsi di questo momento fondamentale della vita, per imparare e replicarne il meccanismo".
    Interrogato poi sul suo futuro libro non ha voluto dare dettagli, dicendo solo di sperare che sia finito entro un paio di mesi. "Ogni tanto mi chiedo se scrivere romanzi sia un'attività significativa, sensata o se non potrei fare qualcosa di più utile per il bene del mondo - ha concluso lo scrittore americano - ma poi mi viene in mente quanto disse un poeta polacco che amo, Zbigniew Herbert, che scrivere è un atto di compassione, e mi sento un po' più 'giusto', in fondo tutti abbiamo nel cuore una necessità di giustizia". 
   

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