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Analisi giornalistica, missione Afghanistan fu guerra

Inviati ricostruiscono Enduring Freedom, ISAF e Resolute Support

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 14 MAR - L'hanno chiamato intervento umanitario, oppure operazione di peacekeeping. Ma era una bugia: la missione italiana in Afghanistan era solo una guerra. Emerge non solo dalle analisi ma anche dalle numerose testimonianze dei militari, raccolte da Giampaolo Cadalanu e Massimo de Angelis nel volume "La guerra nascosta - L'Afghanistan nel racconto dei militari italiani", appena uscito in libreria per i tipi di Laterza (206 pagine, 19 euro).
    Gli autori sono due inviati di guerra - rispettivamente della Repubblica e del Tg1 Rai - che hanno passato lunghi periodi di trasferta fra Kabul, Herat e il resto dell'Afghanistan, sia "embedded", cioè al seguito delle truppe italiane, sia in autonomia. Il libro ripercorre la storia della partecipazione del nostro Paese a Enduring Freedom, ISAF e Resolute Support, partendo dalle decisioni politiche successive agli attacchi dell'11 settembre, per arrivare al ritiro d'urgenza. Anche il contesto globale è illustrato rapidamente, con riferimento disilluso agli equilibri e agli interessi dei diversi attori in campo.
    Quando la presenza internazionale è stata interrotta con il ritiro generale nell'estate 2021, il bilancio non poteva essere considerato lusinghiero, con i talebani che tornavano al potere e gli afghani abbandonati in fretta e furia. Dopo vent'anni di presenza occidentale, il Paese asiatico era in condizioni peggiori di quelle del 2001. Ma nel caso dell'esperienza italiana si aggiunge l'amarezza delle bugie ufficiali, che hanno accreditato una visione edulcorata e hanno sempre provato a tenere nascosta la natura reale della missione. Eppure i soldati del contingente italiano hanno combattuto, hanno ucciso, sono caduti. Il bilancio del libro non lascia dubbi: costruito sui dati ma ancora di più sul racconto in prima persona di chi ha partecipato alle azioni militari. E proprio le voci dei protagonisti aprono uno squarcio nuovo sul ruolo italiano. Ci sono episodi inattesi, come quello rievocato da un militare che visitò l'Afghanistan in viaggio di piacere prima dell'11 settembre, e si ritrovò come guida turistica gli uomini di Al Qaeda. Ci sono storie drammatiche, come quelle riferite dagli incursori delle Forze speciali, raccolti nella Task Force 45, un'unità di elite la cui esistenza stessa all'inizio era nascosta all'opinione pubblica. Paradossalmente qualche volta è la motivazione delle medaglie a rivelare, molto tempo più tardi, la dinamica esatta di episodi che erano stati taciuti del tutto all'opinione pubblica.
    La ricostruzione dell'intervento rimette in una diversa prospettiva le versioni ufficiali della Difesa e degli Stati maggiori, restituisce dignità a chi ha combattuto, ma soprattutto a chi ha perso la vita in Afghanistan. Ci sono anche testimonianze di osservatori stranieri, un operatore di Forze speciali americano e una giornalista canadese, utili a dare la misura della professionalità e lo spirito di sacrificio messi in campo dai militari italiani. (ANSA).
   

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