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'Uccidete Calaf', lirica e musica mai viste

Antologia sul lavoro del critico ex direttore 'Paganini' Iovino

Redazione Ansa

(di Chiara Carenini) (ANSA) - GENOVA, 26 GEN - Gina Cigna e l'esperienza con Toscanini, Milva impegnata con Weill che racconta il suo incontro con il Piccolo di Milano. E Stockhausen che ama Monteverdi e Bach. E ancora le interviste a Gavazzeni, Petrassi, Luzzati, Mirella Freni, Dario Fo che si disse stregato da Rossini e con Zhislin, uno degli ultimi grandissimi violinisti russi. 'Uccidete Calaf' (305 pg, Stefano Termanini editore) del giornalista, matematico, critico musicale ed ex direttore del conservatorio genovese 'Paganini' Roberto Iovino non è solo un'antologia dei suoi lavori (interviste, pièce teatrali, libretti d'opera, racconti) ma è un excursus approfondito, ragionato, studiato di un mondo musicale, teatrale e operistico che va dal 1870 a oggi, svelato nelle sue pieghe mai esplorate anche attraverso divertenti racconti, fantasmatiche interviste costruite su reali epistolari. Come la sezione 'Incontri impossibili' dove Iovino - pur cedendo alla fantasia - racconta conversazioni con Beethoven o i ravioli amati da Paganini riuscendo a far emergere i lati psicologici e caratteriali poco conosciuti e in qualche caso poco amati, dei grandi della musica. Niente di ucronico, ma la conoscenza profonda della storia musicale reale e dei suoi protagonisti utilizzata per poterli agevolmente raccontare, a tratti insegnare, in modo alternativo. Tra i tanti e divertenti testi, merita approfondimento a parte il capitolo finale, che dà titolo al libro: 'Uccidente Calaf'.
    Qui Iovino mette il naso nel politically correct e lo fa citando episodi poco conosciuti. Il primo, quello di Muti che a Chicago, dove i conflitti razziali sono ahinoi ancora cosa quotidiana, diresse 'Un ballo in maschera' e si rifiutò di 'addolcire' la frase del libretto che dice "S'appella Ulrica dell'immondo sangue de' negri'. O la volontà di cancellare i nani della favola di Biancaneve, o il salvataggio in extremis di Desdemona che, messo in scena 'Rigoletto' nel 1800, non venne strangolata da Otello, divenuto bianco per l'occasione. Cita Verdi, Iovino: il grande compositore si ribellò quando vollero "raddrizzare la gobba di Triboletto (Rigoletto)". E Calaf? insomma, questo principe tartaro cinico e barbino, che sfrutta il padre diventato povero e cieco e s'infischia del suicidio di Liù che lo ama appassionatamente e che infine sposa la crudele Turandot esclusivamente perché gli fa comodo... Vincerà anche, all'alba, ma non è esattamente un grand'uomo. "Uccidere Calaf - ha detto Iovino -? Ci pensavo da tempo. Quell'uomo mi ha sempre irritato". (ANSA).
   

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