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Giosuè Calaciura, la Sicilia fa fatica a immaginarsi diversa

Lo scrittore, il vero problema è la borghesia

Redazione Ansa

In Sicilia si fa una "grande fatica, per paura, a immaginarsi diversi da come si era prima", manca una "presa di coscienza reale al cambiamento", c'è una "impreparazione alla libertà". Giosuè Calaciura, lo scrittore palermitano che ha raccontato 25 anni fa la mafia come nessuno aveva mai fatto prima in 'Malacarne' (Sellerio), tornato in libreria a trent'anni dalle Stragi di Cosa Nostra, è convinto che il vero problema sia rappresentato oggi dalla borghesia siciliana.
    "A Palermo si dice: 'lo Stato non è mai esistito, adesso anche la mafia ci ha abbandonati'. C'è un senso di solitudine e anche una impreparazione a questa vertigine di libertà. Cosa Nostra è ormai da tempo sconfitta sul campo ed è evidente che ogni tentativo di rimettere insieme i pezzi di quello che era porta a un flop. Ma manca un progetto che la classe politica, ma anche quella intellettuale non sa indicare. Si va a tentoni, a esperimenti. Mi ha sorpreso molto la improvvida elezione sia di Roberto Lagalla, sindaco di Palermo, sia di Renato Schifani, presidente della Regione Siciliana, che rappresentano il desiderio di antico, di vecchio, di comodo, di rassicurante. Mi ha colpito molto come siciliano perché dopo tutto quello che è successo, dopo le Stragi, dopo questa pseudo rinascita di facciata i siciliani ancora ipotecano il futuro dei propri figli" dice all'ANSA Calaciura del quale è uscito a dicembre 2022, sempre per Sellerio, 'Una notte'. "Il vero problema è la borghesia, l'intellighenzia, la cultura siciliana che non ha mai fatto i conti con se stessa e con la propria 'disponibilità'. Tutti, anche gli intellettuali in qualche maniera aspettavano una prebenda da quel potere senza chiedersi come arrivavano i soldi, attraverso quali canali e quali personaggi. Il vero problema adesso è l'ipoteca sulle coscienze dei siciliani. Ipoteca che è fatta di clientele, di omertà, di sudditanza. Anche il giornalismo siciliano dovrebbe interrogarsi un po' sui rapporti con le famiglie potenti della Sicilia. E' lì che ancora le cose devono cambiare, per il resto Cosa Nostra non ha più niente da dire. E' completamente saltato il controllo del territorio, persino nei quartieri più disgraziati di Palermo. Sono le professioni che stanno all'interno degli appalti, delle concessioni, questi mediatori fra il mondo delle istituzioni e gli imprenditori e i quattrini l'elemento grigio della corruzione da sempre. Ed è questo mondo quello che più difficilmente riesce a levarsi la ruggine della collusione. Non c'è una grande consapevolezza etica nella borghesia palermitana, non c'è mai stata, non c'è tuttora, tranne alcuni casi. C'è una parte sana della città, ma il ventre è molto molle, marcio, disponibile a tutto" racconta lo scrittore che vive a Roma, ma va spesso a Palermo dalla sua famiglia.
    Con l'arresto del superlatitante Matteo Messina Denaro cambierà qualcosa? "No, non cambierà nulla. La sensazione che si ha a Palermo è che qualcosa da anni si è sciolto, ma c'è una grande preoccupazione, una mancanza di fantasia. C'è un senso di panico di fronte a questa liberazione che non offre alternative e non ci sono uomini che ti indicano strade se non appunto le vecchie gerarchie ex democristiane. C'è un elemento nostalgico di rassicurazione sbagliata verso il proprio futuro. C'è una mancanza di organizzazione del pensiero. Per la Sicilia e il meridione, anche nelle altre regioni, quando verrà meno l'ipoteca della criminalità, si aprirà un grande dibattito su che cosa fare di queste regioni che ormai è come se si fossero disancorate dal Continente e galleggiassero lontano".
    Tutti i parametri sia economici che di consumi culturali dicono, sottolinea lo scrittore, "che il Meridione si sta perdendo" e anche la demografia ti dice come stanno le cose.
    Palermo è una delle città in Italia dove di nasce meno" spiega Calaciura.
   

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