Cultura

Lo strano caso delle "indemoniate" di Verzegnis

Nel 1879 in Parlamento, medici e Stato ne violarono diritti?

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 28 MAG - LUCIANA BORSATTI, LE INDEMONIATE.
    1879: SFIDA TRA STATO, SCIENZA E CHIESA A VERZEGNIS (CASTELVECCHI, pp. 280 - euro 20). L'ultimo caso in Europa di un'epidemia di possessione demoniaca - in forme simili a quelle della vicenda secentesca di Loudun - avvenne nel 1878-79 a Verzegnis, in Friuli. E si concluse con un atto di forza dello Stato italiano, che inviò una compagnia di soldati per deportare nel manicomio di Udine alcune decine di analfabete di montagna. A ritenerle possedute dal demonio erano il clero e la popolazione locali, ma non l'autorità medica e l'intera classe politica dell'epoca (ai ferri corti con il Papato e pochi anni dopo la breccia di Porta Pia): per queste ultime infatti si trattava di un fenomeno di isteria collettiva alimentato dalla superstizione, se non innervato in una costituzione fisica che rivelava i sintomi di una degenerazione della razza.
    A rivisitare questa vicenda - in cui si scontrano le tensioni sociali interne di un'arretrata comunità rurale e le nuove politiche di controllo sociale dello Stato post-unitario - è Luciana Borsatti in un libro che aggiorna una precedente edizion. Ma cosa accadde in quei due anni ad alcune decine di donne di Verzegnis, un villaggio isolato tra le montagne della Carnia? "Si contorciano orribilmente, strepitano, perdono i sentimenti, ed urlano anche come da voce di cane", riferiva l'anziano parroco. "Interamente prive di sensi, cadono a terra con la bocca stravolta, gridano, urlano, si agitano come forsennate". E poi parole ostili contro il clero, ingenue forme di chiaroveggenza e di contrattazione con il demonio, atteggiamenti profetici di una di loro e una clamorosa crisi collettiva in chiesa, che arriva sui tavoli della Curia ma anche della Prefettura di Udine. E se l'Arcivescovo si muove con cautela prima di autorizzare gli esorcismi, il Prefetto invia subito sul posto una missione medica, mettendo in moto quella macchina della sorveglianza e della prevenzione che finirà nell'impiego della forza militare.
    "L'azione repressiva del governo - scrive l'autrice - si era fondata sulla diagnosi e il parere espressi dai medici così divenuti, in un certo senso, arbitri di quel diritto alla libertà individuale che trovava il proprio limite nella dichiarata necessità di tutelare gli interessi pubblici". Unica manifestazione di aperto dissenso un'interrogazione in Parlamento di un deputato della zona. "Io domando all'on.
    Ministro - chiedeva Giacomo Orsetti al titolare dell'Interno - quali siano i provvedimenti che egli ha preso, o quali provvedimenti intenta di prendere per tutelare il diritto alla libertà individuale". "Io veramente non potrei non fare, in una parola - è la risposta del ministro -, quello che l'autorità sanitaria ha creduto di suggerire, e che l'autorità di pubblica sicurezza doveva necessariamente eseguire". Qualche anno dopo Fernando Franzolini, il medico udinese che si occupò del caso raccogliendo ampi consensi nella comunità scientifica, firmava la sua relazione finale registrando un apparente ritorno del paese alla normalità, e aggiungendo icasticamente: "Il bastone della scienza ha percosso giusto e soggiogato il soggiogabile".
    Il libro, che approfondisce anche il pensiero psichiatrico ottocentesco sull'isteria e riconduce l'ampia pubblicistica di Franzolini alla temperie culturale del suo tempo, propone anche una post-fazione del docente di Teorie psicodinamiche Pietro Barbetta - "Che fine ha fatto l'isteria?" - e un nuovo scritto, che si riallaccia all'attuale pandemia, dello psicoterapeuta Alberto Panza - già autore di un saggio a quattro mani con lo scomparso psicanalista Salomon Resnik. La prefazione è del docente di Storia della scienza Mario Galzigna, alla cui memoria questa edizione è dedicata. Il libro sarà presentato in un incontro dal titolo ''Le Indemoniate e "il bastone della scienza"''. Lunedì 30 maggio ore 19 Centro Giovani I Municipio Zalib. Via della Penitenza 35 Roma (ANSA).
   

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