Cultura

L'intimo e l'estraneo, l'uomo vive in questa differenza

Da Rilke a Sade e Dürer nel libro di L. Antonio Manfreda

Redazione Ansa

(di Francesco Gallo) (ANSA) - ROMA, 18 MAR - LUIGI ANTONIO MANFREDA, L'INTIMO E L'ESTRANEO. SCRITTURA E COMPOSIZIONE DEL SÉ (Quodlibet Studio pp.367 € 25,00). Qual è la differenza tra ciò che sono nello spazio più profondo di me e quello che invece mostro agli altri? E ancora: cosa è mai questo "spazio interiore" oggetto di tante indagini filosofiche? A questo luogo intimo, privatissimo in cui risiederebbe la nostra identità più profonda, Luigi Antonio Manfreda ha dedicato il suo ultimo libro: L'INTIMO E L'ESTRANEO.
    SCRITTURA E COMPOSIZIONE DEL SÉ.
    Un'indagine non da poco se si considera che solo tentando di collocarsi in questa quintessenza del nostro essere si ha davvero la possibilità di scardinare l'infinito teatro a cui la maschera sociale ci costringe ogni giorno.
    "Anche per questo, sin dagli inizi della cultura occidentale - dice l'autore -, sorge la difficile pratica del volgere le spalle al mondo alla ricerca del proprio intimo, del ritrarsi in esso. Ma come individuarlo? Quando si prova a tradurlo in linguaggio, si finisce col tradirlo in un universale in cui si smarrisce. Tale ricerca sembra piuttosto una costruzione del sé.
    Radicata per secoli nell'idea di un esercizio del libero arbitrio come fulcro dell'anima individuale, è riemersa poi nel più ampio orizzonte del soggettivismo moderno, del suo 'umanismo'. Pur pensandosi spesso come una sorta di contro-movimento rispetto ad esso, ha finito col situarsi, seppure in una tensione mai risolta, nel suo grande alveo".
    E ancora Manfreda che insegna filosofia teoretica all'università di Roma Tor Vergata: "Questo libro non è una storia dell'idea di interiorità. Ma piuttosto individua una delle sue genesi nella tragedia greca come tenta di cogliere le sue linee essenziali in una serie di figure (filosofi, artisti, scrittori) e di punti di svolta storici in cui essa di volta in volta riaffiora, da Montaigne a Sade, da Dürer a Messerschmidt, da Nietzsche a Rilke".
    Che tipo d'uomo ricerca il proprio io interiore? "In genere - dice Manfreda - è un uomo cerebrale, riflessivo - un intellettuale, molto vicino al saturnino descritto da Benjamin - insoddisfatto del suo quotidiano, che ritiene in balia dell'esteriore".
    Quali sono i mezzi attraverso i quali questi uomini giungono a compiere questa indagine? "Intanto, la ricerca della solitudine, la separazione dalle grandi masse, è una sorta di premessa. Poi, si ha un rimuginare che tuttavia deve assumere sempre qualche forma: la scrittura, la pittura, altre forme artistiche. Il linguaggio artistico e filosofico diviene il terreno dove ha luogo l'interrogazione".
    Qual è l'utilità di questa ricerca? "Non credo si possa dire che si tratti di un itinerario che porti alla felicità - conclude Manfreda -; ma in fondo nemmeno vuole esserlo. È piuttosto una reazione ad una insoddisfazione di fondo, spinta dalla volontà di costruirsi uno stile di vita in accordo con il proprio io più profondo e nascosto. Ma da questo punto di vista, questa ricerca è un po' la storia dei diversi modi di far naufragio. Le rare eccezioni si hanno in solitudine, ma allora si urta nel limite di ciò che non è esprimibile sino in fondo". (ANSA).
   

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