(di Alessandra Magliaro)
(ANSA) - ROMA, 02 GEN - Calimero, calma e gesso, Capitan
Findus, Capitan Trinchetto, Carmencita, chiamami Peroni, Gigante
amico, Gringo, gruppo vacanze Piemonte, Merendero, moplen,
Negronetto... ciascuna di queste espressioni ricorda a quelli
che i ragazzi di oggi definirebbero boomer, ossia più o meno i
loro genitori, il tempo di Carosello, della pubblicità
raccontata come una serie tv. Sono diventate queste espressioni
parte di un percorso fatto di evocazioni, uno tra i tanti
possibili di quello che un è un dizionario della memoria
collettiva. Dopo 18 anni è uscito da Zanichelli aggiornato (e
smart con app e download) quello speciale dizionario in cui
viene fuori un ritratto della lingua italiana che più viva non
si potrebbe. Sono 'Parole per ricordare', un segno incredibile
di come la lingua sia un luogo in cui ogni generazione lascia
tracce e può ritrovare se stessa.
Queste parole raccolte da Massimo Castoldi e Ugo Salvi
compongono un libro nel quale riconoscersi, un aiuto per
condividere la vitalità della lingua italiana e dei suoi usi
figurati e per tutti un pretesto per scoprirne la storia e le
continue trasformazioni. Passato e presente si incontrano
continuamente nella nostra lingua, espressione culturale che è
potenzialmente in continuo divenire: parole con una storia
antica collettiva, diventate figure retoriche per antonomasia
come Cincinnato, evocative come La Dolce Vita, allusive come
collezione di farfalle o amico del Giaguaro. Molto spesso c'è la
pubblicità di mezzo o trasmissioni televisive (pensiamo a
carrambata! da Carramba che sorpresa di Raffaella Carrà) o film
(Il deserto dei tartari ad esempio). C'è sempre una storia
dietro ogni parola, sedimentata, trasformata, modellata dal
tempo. A volte sono segni di un percorso arrivato fino a noi da
lontano. Bellissimo quello che nell'anno di Dante, i 700 dalla
morte, arriva da lui fino a noi: parole, frasi, espressioni
anche di uso comune e corrente con un padre nobile. Eccone una
parte: Belpaese (nell'invettiva contro Pisa del XXXIII canto
dell'Inferno: Il bel paese là dove 'l sì suona), gran rifiuto
(rinuncia ad assumere una carica o una responsabilità
importante, con conseguenze rilevanti sugli eventi successivi).
L'espressione deriva dai versi danteschi riferiti a papa
Celestino V che rinunciò al pontificato nel 1294 'vidi e conobbi
l'ombra di colui / che fece per viltade il gran rifiuto (Inf.
III, vv. 59-60)', miglior vita (la morte, nell'espressione
eufemistica e ormai stereotipata di passare a miglior vita nel
significato di morire). Fu Dante a usarla e renderla popolare
con i versi del XXIII canto del Purgatorio, quando Dante stesso
si rivolge al poeta Forese Donati (1250ca-1296) dicendogli:
Forese, da quel dì / nel qual mutasti mondo a miglior vita, /
cinqu'anni non son vòlti infino a qui (vv. 76-78)), stare
fresco (espressione di senso ironico che significa non
illudersi, non sperare nemmeno, oppure prepararsi a una
punizione. Dante descrive con scherno la pena di Buoso da Duera
o Dovara o Dovera, signore di Cremona nel XIII secolo, che
avrebbe tradito le truppe imperiali di Manfredi di Svevia prima
della storica sconfitta di Benevento, dove Manfredi fu ucciso.
Buoso è posto tra i traditori nello stagno gelato del Cocito
(Inf. XXXII, vv. 115-117): "Io vidi", potrai dir, "quel da Duera
/ là dove i peccatori stanno freschi").
Ci sono nel dizionario anche alcuni stereotipi, che -
sottolineano Castoldi e Salvi - segnano e hanno segnato il
linguaggio popolare, e che sono stati spesso oggetto di critica
e messi al bando, perché ritenuti offensivi o inadatti. "Noi li
abbiamo registrati, perché appartengono alla nostra storia
linguistica e devono essere conosciuti, ma come tali qualificati
e ragionevolmente limitati nell'uso. Spesso i cambiamenti
sociali e l'evoluzione della sensibilità delle persone ai temi
rilevanti del vivere civile travolgono la solidità di
definizioni nate in diversi contesti e le mettono in
discussione". Specie in questi ultimi anni infatti la nostra
sensibilità è profondamente trasformata e certe parole non le
accettiamo più perlomeno con quella potenza negativa originaria.
Tra i molti esempi mongoloide: era il termine spregiativo col
quale si indicava una persona affetta dalla sindrome di Down che
genera una fisionomia con occhi a mandorla, assimilabile a
quella dei Mongoli dell'Asia centrale. Oggi è tornato in uso dai
ragazzini che non ne conoscono l'origine, diffuso come
spregiativo stereotipo linguistico, per indicare una persona
poco intelligente. (ANSA).
La memoria collettiva, da Belpaese a carrambata!
Dopo 18 anni aggiornato e smart "Parole per ricordare"