(di Marzia Apice)
(ANSA) - ROMA, 02 DIC - CHIARA PRADELLA, 110. CARLO
MICHELSTAEDTER E IL TEMPO DELLA VERITA' (Ensemble, pp. 256, 16
euro)
Un filosofo e poeta mai compreso fino in fondo, oggetto di
riflessioni viziate dal pregiudizio e spesso slegate dalla
realtà dei fatti: nel centodecimo anno dalla morte di Carlo
Michelstaedter, avvenuta per suicidio il 17 ottobre 1910, Chiara
Pradella ristabilisce un equilibrio nell'interpretazione della
vita e delle opere dell'intellettuale goriziano offrendo più di
uno spunto di riflessione nel libro "110. Carlo Michelstaedter e
il tempo della Verità", edito da Ensemble.
L'autrice rigetta la tesi, alla diffusione della quale molto
ha contribuito Giovanni Papini parlando di "suicidio
metafisico", che Michelstaedter sia stato un "filosofo della
morte" o un "esistenzialista depresso": Pradella, indagando tra
pagine e pagine di documenti, libri e archivi e compiendo una
ricerca sul campo (anche viaggiando per rintracciare conoscenti
ancora in vita), ha ricostruito tassello dopo tassello l'intera
vicenda del filosofo, autore tra gli altri anche de "La
persuasione e la rettorica", giungendo alla conclusione che non
ci fosse alcuna premeditazione al suicidio. Michelstaedter
infatti si sarebbe sparato alla tempia all'età di 23 anni perché
portato alla follia dalla sifilide, malattia che ne aveva minato
il corpo ma anche, nell'ultimo stadio, la mente. Nessuna volontà
premeditata quindi, né passione filosofica per la morte: al
contrario, Michelstaedter amava la vita profondamente e,
accettando il dolore e il proprio irreversibile destino, aveva
l'urgenza di scrivere il più possibile i suoi pensieri sul mondo
e sull'esistenza, ma anche di dipingere, prima che fosse troppo
tardi.
La cattiva interpretazione dei fatti della sua morte ha
portato negli anni a una lacunosa quando non fuorviante analisi
anche dei lavori dell'intellettuale goriziano, come se fosse
imprescindibile leggere l'opera omnia con la lente del suicidio
o al contrario come se bastasse rifiutare questa tesi in toto,
senza però offrire una riflessione alternativa di adeguata
profondità. In questo contesto si inserisce il lavoro di
Pradella, condotto con grande serietà scientifica e autentica
passione per Michelstaedter e le sue opere (l'autrice si è anche
battuta per salvare dall'incuria la soffitta a Gorizia dove
visse il poeta), ma senza alcuna volontà di mitizzare
l'intellettuale. La volontà dell'autrice è solo con di
raccontarlo in modo esaustivo, partendo proprio dai venti anni
di Michelstaedter, dalla sua genialità accompagnata dalla
sofferenza, dalla sua gioia di abbeverarsi alla vita e di
coglierne tutto il possibile, pur nella consapevolezza della
malattia. Ed è proprio qui che risiede la modernità e
l'importanza del filosofo, che secondo Pradella andrebbe
insegnato a scuola, proprio per il suo messaggio positivo. E in
questo sottolinea quella che chiama l'autarchia
michelstaedteriana, un insegnamento eloquente del filosofo:
"lavora su te stesso, fai quanto ti è più possibile per riuscire
ad andare avanti in autonomia; però ricorda che la fiamma che
riuscirai a sprigionare con il tuo essere non sarà solo utile a
te, ma anche a illuminare il cammino di tutti quelli che ancora
non sono stati capaci di crearla, la scintilla", scrive
Pradella. (ANSA).
Pradella, la verità su Carlo Michelstaedter
Un nuovo punto di vista su vita e opere del filosofo goriziano