Cultura

Uno studio svela le lettere di Pascoli al fratello

In un volume della Normale 389 missive inedite

Un'immagine dello studio di Giovanni Pascoli

Redazione Ansa

"Irretito nelle trame domestiche" ma nulla di illecito nel legame con le sorelle. E col fratello il linguaggio a volte è "ostentatamente trivio", dando così la possibilità di vederlo "uomo tra gli uomini. E forse è proprio questo aspetto che in qualche modo la famiglia ha voluto tutelare". E' il ritratto di Giovanni Pascoli che emerge dalle lettere, inedite, scritte dal poeta al fratello Raffaele e ora pubblicate dalle Edizioni della Normale a cura di Alice Cencetti. Sono 389 missive, che i due fratelli si scambiarono tra il 1882 e il 1911, donate nel 1993 al centro archivistico della Normale di Pisa. Con un diktat: nessuna pubblicazione se non 50 anni dopo la morte di Luigia Pascoli, figlia di Raffaele, avvenuta nel 1965, come da espressa volontà della stessa Luigia.

'Il fratello ritrovato. Le lettere di Giovanni Pascoli a Raffaele (1882-1911)', il titolo del volume che svela l'epistolario, sulla cui segretezza erano state formulate diverse congetture. Ciò che restituisce, spiegano Normale e Cencetti, è una figura di Pascoli arricchita di aneddoti sulla propria vita personale - gli spostamenti per il lavoro di professore, le esigenze intellettuali e materiali -, considerazioni sull'omicidio del padre, ma nessuna rivelazione fondamentale. Lo stesso vale per i rapporti familiari: molte vicende dettagliate, ma nessun particolare morboso come qualcuno si sarebbe atteso. "Le lettere - spiega la Normale - configurano un Pascoli irretito nelle trame domestiche, ma con sentimenti più che leciti. Nei confronti delle due sorelle, manifesta un attaccamento viscerale: anche il fratello è oggetto di venerazione, fino a quando 'Falino', come affettuosamente viene chiamato Raffaele, non si crea un proprio nido e Giovanni a poco a poco riesce a calibrare una più misurata aspettativa nei suoi confronti. Lo stesso del resto avviene con la sorella Ida, a testimonianza che per Pascoli l'universo della propria famiglia rappresentava fonte inesauribile di palpiti e conflitti: un nucleo distrutto e da ricostruire, in cui impegnare le proprie aspirazioni affettive, per vederle perennemente rinnovate o disilluse".

"L'epistolario - aggiunge Cencetti - ridimensiona molto il mito di un Pascoli invischiato morbosamente dal legame con le proprie sorelle". E' "invece interessante vedere Pascoli al di fuori dell'immagine convenzionale di un ambiente al femminile: con il fratello usa un linguaggio più franco, diretto, confessa stati d'animo altrimenti indicibili, racconta, a volte con un linguaggio ostentatamente trivio, anche alcune vicende pratiche della propria vita: ci offrono quindi la possibilità di vedere un Pascoli uomo tra gli uomini ed è forse questo aspetto che in qualche modo la famiglia ha voluto tutelare per così tanto tempo".


   

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