Cultura

Ramazzotti, 'Felicità è per le donne che si emancipano'

"Serve parlare di peculiarità mentali, non di malattie"

Redazione Ansa

 Dedicato a tutte le donne che lottano per emanciparsi e a chi deve accettare le proprie peculiarità (non malattie) mentali per farne un punto di forza. La dolcezza e la bellezza di Micaela Ramazzotti - sbarcata al Prix Italia a Bari con il suo film esordio da regista Felicità, prodotto da Lotus Production con Rai Cinema e premiato dal pubblico a Orizzonti Extra a Venezia - si mescolano con una nuova consapevolezza e una nuova forza.
    Dopo una cinquantina di film come apprezzata attrice è passata dietro la telecamera, ma ora punta solo a godersi il momento senza pensare troppo al futuro. "Tra un ciak e un altro uno si porta un taccuino e qualche idea la butta giù - spiega - ma per ora mi voglio godere il momento e soprattutto accompagnare Felicità nelle sale e salutare tante donne che lo vengono a vedere e si sentono un po' come la portagonista Desirè".
    L'emancipazione non avviene sempre subito per tutte. "C'è chi è fortunato - dice la Ramazzotti - e già a 18-19 anni ha la forza e anche la maturità interiore. Non lo so, da cosa dipende. E c'è chi invece più aggrappato agli altri, al giudizio degli altri, in continua richiesta di come si è andati. Poi c'è invece chi non riesce a emanciparsi mai. Quindi dedico Felicità a chi sta lottando per trovare un centro, una solidità". E alla domanda, dopo le tante polemiche sullo spot Esselunga della pesca, su quello che lei ritiene una famiglia ideale, non ha dubbi: "La famiglia ideale non esiste, le famiglie perfette non esistono mai...".
    Quanto alla trama - la parrucchiera Desirè che lotta tra una famiglia disfunzionale con un fratello succube e con problemi mentali, due genitori mostri egoisti e manipolatori e un compagno intellettuale che si vergogna di lei - la Ramazzotti dice: "C'è molto tabù dietro alle peculiarità mentali e invece bisogna parlarne, bisogna parlarne fin da subito nelle scuole, non aver paura della nostra mente, delle nostre problematiche, anzi andarci incontro, cullarle e accoglierle per poi farne un punto di forza". Spesso si ha molta paura di tutto ciò che è malato, depresso. "Le persone che si chiudono a casa, che non escono - sottoliena - non fanno paura a nessuno ma fanno male solo a se stesse. Invece bisogna dare loro coraggio, tirare su le tapparelle, spalancare le finestre di casa e guardare il mondo. Di solito la fragilità, l'essere troppo sensibili, l'essere troppo buoni fa sì che non si sia pronti per questo mondo così violento, spesso si è inattrezzati a vivere".
    La Ramazzotti parla anche del titolo Felicità. "L'ho scelto perché è una parola che sta sulla bocca di tutti noi, quasi sempre durante la giornata, sia ai bambini che ai grandi, è una parola che mi piaceva, è facile, si ricorda e io avevo già in mente di far cantare a Max la canzone Felicità tà tà della Carrà. La felicità per quanto riguarda il mio film viene dal meraviglioso termine greco eudaimonìa che è il percorso che una persona fa per arrivare a quella famosa felicità, salire su quel benedetto treno. Perché la felicità insomma, oggi come oggi, è difficile trovarla, bisogna quasi inventarsela. Invece l'eudaimonìa è una conquista, un percorso che uno fa, uno stile di vita, è un andargli incontro. E una volta che la conosci, tenersela stretta nutrirla, volerle bene, avere cura anche delle persone che ti rendono felice perché poi la felicità, è l'amore, la tenerezza".
    Prossimamente la Ramazzotti torna al suo ruolo di attrice nella serie Un amore di Francesco Lagi con Stefano Accorsi (Sky Studios e Cattleya) e poi nel film Una madre di Stefano Chiantini.

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