Cultura

Il '77 e l'eroina, la Generazione Perduta

Nel docu di Marco Turco la storia simbolo di Carlo Rivolta

Redazione Ansa

Il '77 arrabbiato, quello del movimento in piazza e degli scontri con la P38 in pugno, Lotta Continua e Autonomia Operaia, la politica extraparlamentare e la rabbia degli studenti e poi anche l'inizio del dilagare dell'eroina, degli zombie nei giardini con gli occhi persi e la siringa nel braccio. Anni bui, di piombo e non solo per il terrorismo, ma anche per tutta una generazione di giovani, La Generazione Perduta che racconta Marco Turco nel bel documentario in sala in questi giorni, presentato all'ultimo Torino Film Festival e premiato con il Nastro d'argento per il Miglior documentario dell'anno.    
Scritto da Turco insieme a Wu Ming2 e Vania Del Borgo, prodotto da Francesco Virga per MIR cinematografica e Luce Cinecittà, in collaborazione con Rai Cinema e AAMOD (Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico), il film è distribuito da Luce Cinecittà, nelle principali città - tra cui Torino, Milano, Roma, Bologna, Palermo, Genova, Firenze e Napoli - con proiezioni evento alla presenza dell'autore e regista. Una generazione che aveva perso l'elemento rivoluzionario hippie e 'ludico' del 1968 finendo per sporcarsi le mani in una sorta di guerra civile tra ragazzi (e le polemiche recenti su Fausto e Iaio, due delle tantissime vittime di quei tempi, stanno a dimostrare quanto aperta è ancora la ferita per quella scia di sangue che lasciò a terra Valerio Verbano, i ragazzini di Acca Larenzia, Roberto Scialabba, Ciro Principessa, Francesco Cecchin per citare senza distinzioni di parte solo qualche esempio). Una generazione disillusa investita in pieno nel boom della droga pesante, della 'roba', del buco e della 'rota' (un'introduzione massiccia, che secondo dossier segreti, tenne a freno e disinnescò la spinta rivoluzionaria).     Marco Turco con immagini di archivio e testimonianze, da Enrico Deaglio, direttore di Lc dal '77 all'82, a Lilli Carati, icona sexy dell'epoca, finita nei film pornografici per pagare la tossicodipendenza, fa un ritratto del tempo, dei sommersi più che dei salvati e mette al centro un simbolo di tutto questo: Carlo Rivolta. Giovane giornalista di grande talento a Repubblica, il quotidiano fondato nel '76 da Eugenio Scalfari che considera come il padre mai avuto, era immerso e partecipe della sua generazione riuscendo a raccontarla dall'interno.     Firma di punta della prima Repubblica, Rivolta scrive inchieste sul Movimento del '77, è lui stesso un militante, racconta gli scontri ai cortei senza preclusioni e poi comincia ad occuparsi dell'inizio dell'invasione dell'eroina, delle dinamiche di un fenomeno nuovo. E ci finisce dentro in pieno. Per provare a raccontare meglio di cosa si tratta prova la sostanza e non ne esce più, in un vortice di autodistruzione che lo fa cadere nella tossicodipendenza fino al tragico epilogo. Lascia Repubblica, va a Lotta Continua con il supporto di Deaglio, la sua compagna lo abbandona al suo destino: a 32 anni Carlo in preda ad una crisi di astinenza cade da una finestra e muore dopo cinque giorni di coma. Un destino simbolico di una intera generazione che ha lasciato andare le speranze per sempre, delusa, sconfitta, devastata.

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