Cultura

Amusia, quando la musica è fastidio e rumore

L'attrice presente con due film, Amusia e Couleurs de l'incendie

Redazione Ansa

L'armonia della musica, il suo incanto come fastidio intollerabile, stridore. Si chiama AMUSIA e su questa malattia rara un giovane regista esordiente, Marescotti Ruspoli, ha fatto un film omonimo, che ha tra gli altri meriti di essere ambientato a Tresigallo, città metafisica per eccellenza dove il razionalismo architettonico degli anni Trenta si sposa con le inquietudini dei quadri di De Chirico. In squadra poi del film, passato oggi al Bif&st e nelle sale in aprile con 102 Distribution, il mitico direttore della fotografia Luca Bigazzi e Fanny Ardant nel ruolo della madre di una ragazza affetta appunto da questo disturbo uditivo. Una giovane molto bella che si innamora di un ragazzo, Lucio (Giampiero De Concilio) che invece combatte la solitudine con la musica. Nel cast di AMUSIA poi anche Maurizio Lombardi e Adriano Chiaramida. Ambientato in un tempo distopico e onirico che guarda agli anni Ottanta, il film racconta l'incontro di questi due ragazzi e il loro innamoramento come in una sorta di sogno dove le location, di volta in volta, sono un albergo ad ore pieno di neon rossi (il Motel Amour), un vecchio bar a Massa Fiscaglia trasformato in un diner all'americana, una balera a Codigoro, il cimitero di Aldo Rossi a Modena, una sala biliardi a Montesacro e, infine, il mare di Maccarese. "Non si può essere felici senza musica, penso che la musica, qualsiasi tipo di musica, ti salvi". Così Fanny Ardant stamani a Bari. E aggiunge poi sul suo personaggio: "E' una donna molto enigmatica nemmeno io l'ho capita bene. Proprio questo mi è piaciuto del film. Il modo di parlare, raccontare la storia con zone oscure, questa donna viveva una sofferenza, una insoddisfazione della vita, forse era depressa". Ardant, al Bif&st anche con un secondo film, COLEURS DE L'INCENDIE, di Clovis Cornillac, dove interpreta una cantante lirica spiega infine: "Il canto dice molto più della voce, c'è qualcosa dell'anima, del corpo e dello spirito, è un'arte maggiore. E' più facile essere un'attrice rispetto ad essere una cantante lirica". "Qualche anno fa venni a scoprire dell'esistenza di una malattia cerebrale rara, che impedisce a chi ne soffre di sentire la musica. Per loro si trasforma in una distorsione sonora che provoca fastidio, a volte dolore. Rimasi scioccato, da grande amante della musica, che esistesse una malattia del genere - spiega poi il regista -. Ci vidi subito un valore narrativo, cinematografico e sonoro. Prima di iniziare a scrivere mi sono però chiesto che genere di taglio volessi dare alla storia. Ci pensai e capii che non volevo raccontarla in maniera tragica e drammatica, non volevo fare un film grigio e solitario, come sarebbe secondo me una vita senza musica. Volevo fare un film colorato, luminoso, leggero e, a tratti, musicale".

Leggi l'articolo completo su ANSA.it