Cultura

Bentivoglio, guai a chi dice 'il solito Bentivoglio'

Il Casanova di Salvatores a Bari si racconta in master class

Redazione Ansa

Voce sussurrata e ironia e la forte rivendicazione di essere principalmente un attore di teatro. Così stamani Fabrizio Bentivoglio al Teatro Petruzzelli per una seguitissima master class dopo la proiezione del suo unico film da regista: LASCIA PERDERE, JOHNNY (2007). Ecco alcuni temi toccati dall'attore nato nel 1957 a Milano.
LA SCELTA D'ATTORE "Studiavo medicina, l'esame di Anatomia 1, con la radio accesa dove parlava un ex attore della scuola del Piccolo di Milano. Chiusi il libro, mi segnai l'indirizzo della scuola e andai in Corso Magenta a prendere il bando. Fatto il provino d'ingresso, mi hanno subito preso, ma la scuola non l'ho nemmeno finita, perché dopo due anni già lavoravo. Clark Gable diceva che nel mestiere di attore solo i primi trenta anni sono davvero duri. Sarebbe a dire che i primi dieci servono per capire di che pasta sei fatto e altri venti pou per confermarlo. Adesso che ne ho sessantacinque che dite sono un bravo attore?".
I PROFESSORI DEI FIGLI - "Sì che ci vado a parlare e ci ho pure litigato. Perché ci sono insegnanti che ancora oggi non hanno capito che i due anni che abbiamo passato con la pandemia hanno lasciato grossi segni nei ragazzi. Pretendere così il rendimento di prima è disumano». SOCIAL: «Non li frequento e non mi piacciono. Ho a malapena il cellulare per parlare e scambiare qualche messaggio. Non amo questa smania di riempire tutti gli spazi con messaggi e social. Ho letto una intervista a Claudio Abbado nel quale diceva che lui, più che le note, legge gli spazi che ci sono tra loro, perché nei silenzi c'è Dio. Sono d'accordo: il silenzio è il nutrimento dell'anima».
CRISI DEL CINEMA - «C'è solo un modo per salvare il cinema: puntare al bellissimo. Ogni cosa brutta che si fa ci danneggia tutti. A proposito, quando leggo nelle recensioni 'Bentivoglio bravo come al solito" mi offendo molto perché non è vero, io cerco di fare sempre meglio, film dopo film, non sono mai lo stesso, altro che come al solito!». (

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