Cultura

Abel Ferrara, Padre Pio il Cristo Italiano

Tentazioni? È una battaglia che dura tutta la vita

Redazione Ansa

"Mi ha colpito il fatto che Padre Pio è un secondo Cristo, un Cristo italiano. E poi è un Santo, un eroe popolare che spesso viene rappresentato come un Dio, ma allo stesso tempo è così contemporaneo. Abbiamo cominciato a fare ricerche entrando nel personaggio come avevamo già fatto con Pasolini. Così abbiamo letto i suoi libri, le sue bellissime lettere, siamo insomma entrati nella sua vita e colto tutto il suo grande carisma". Così Abel Ferrara all'ANSA racconta il suo PADRE PIO, film che passa alla Mostra del cinema di Venezia alle Giornate degli Autori.
Ed era inevitabile che il regista de IL CATTIVO TENENTE e della trilogia del peccato (e della redenzione), da sempre affascinato da chi vive ai margini, facesse alla fine, a 71 anni, un film non solo sulla santità, ma su una santità difficile perché piena di ostacoli e sospetti come quella di Padre Pio. Un personaggio problematico quello del santo delle stigmate interpretato da un attore altrettanto problematico e in piena crisi mistica come Shia LaBeouf. Siamo nel 1920, e in parallelo alla storia del Santo, Abel Ferrara racconta anche i fatti sanguinosi e poco noti avvenuti a San Giovanni Rotondo, nell'ottobre dello stesso anno, in cui ci furono le prime elezioni vinte dalla sinistra, ma in questo paesino dominato da preti e proprietari terrieri, la destra negò il risultato delle votazioni e ci fu una piccola strage, tredici persone, una sorta di anticipazione del fascismo a venire. E ancora sulla sua fascinazione per il Santo, dice il regista cresciuto nel Bronx: "Mi ha sempre affascinato la sua umanità, la sua semplicità. In fondo era un monaco, anzi se gli si chiedeva chi fosse ci teneva a dire che era solo un semplice monaco e anche scarsamente istruito, cosa in realtà non vera. Ho amato poi il suo travaglio interiore, questa sua battaglia che non gli ha impedito di portare avanti la sua missione come ad esempio costruire gli ospedali".
Perché unire la storia di Padre Pio alle lotte sociali e all'eccidio di San Giovanni Rotondo? "Perché non puoi parlare dell'uno senza l'altro - dice Abel Ferrara -. Questo film è una sorta di documentario e si vede chiaramente l'inizio di quella che sarà la seconda guerra mondiale. Le stigmate vengono fuori infatti nel momento stesso in cui sta succedendo tutto questo. Una sorta di avvertimento, di monito di quello che stava per accadere come la crisi finanziaria e l'olocausto". Nel prossimo futuro del regista un documentario sull'Ucraina. "Sono appena tornato da quel Paese dove ho cominciato a parlare con le persone. Siamo comunque solo agli inizi". Il suo rapporto con la tentazione? "È una battaglia che dura tutta la vita, momento per momento. Il problema è avere la consapevolezza di fare la cosa giusta, di avere gli strumenti per scegliere". Da buddhista cosa si aspetta dal futuro? "Non so rispondere. Non siamo sulla Terra per soffrire, ma quello che vedo in giro è tanta sofferenza". Infine se gli si chiede cosa vorrebbe sentirsi dire da uno spettatore dopo aver visto PADRE PIO? Ferrara sghignazza un po' e poi si ammanta di pragmatismo americano: "Mi basta che sia andato a vederlo". Nel cast anche gli italiani Marco Leonardi, Luca Lionello e Brando Pacitto.

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